Cento anni di storia, 185 numeri pubblicati a partire dal 1924. Il Bollettino della Sezione dell’Aquila del CAI, che affianca spesso alle notizie delle riflessioni importanti, attraversa la storia delle nostre montagne. Il numero che esce nel marzo del 1982, quarantatré anni fa, dà un contributo decisivo a salvare il Gran Sasso e l’intero Appennino.    

Una premessa s’impone. Nel dopoguerra, mentre molti centri delle Alpi si sviluppano grazie al turismo, i borghi di montagna dell’Abruzzo e delle regioni vicine si spopolano. Per politici, amministratori e imprenditori l’unica soluzione per far rinascere questo deserto è lo sci. Mentre la Cassa del Mezzogiorno e altri enti spendono fondi pubblici per strade e impianti, i privati investono nell’edilizia.

Accanto a località sciistiche storiche come Roccaraso, il Terminillo, Campo Imperatore e Ovindoli, in quegli anni, nascono Campo Felice, i Prati di Tivo, Prato Selva, Forca Canapine, Frontignano di Ussita, Marsia, Passo Lanciano, Campo di Giove e altre ancora. Piste e impianti vengono realizzati accanto ai centri medievali di Pescocostanzo e di Scanno. Altri progetti puntano al Monte Marsicano, al Lago della Duchessa e alla Maiella.

L’allarme per il Gran Sasso suona il 2 settembre 1981, quando sulle pagine dell’Abruzzo del Messaggero appare il titolo “Ruspe sul monte, sorge una cremagliera a Campo Pericoli”. Il progetto, firmato da un geometra marchigiano, prevede una quindicina di nuovi impianti di risalita, per dar vita a un enorme carosello tra la conca del Venacquaro e Campo Pericoli. Ai Prati di Tivo si prevedono 320.000 metri cubi di nuovi edifici, a Prato Selva 200.000. Una legge regionale del 1979 vieta interventi oltre i 1600 metri di quota, ma la proposta per modificarla è già pronta.    

Negli anni precedenti, la Sezione di Ascoli Piceno del CAI ha avuto un ruolo decisivo nelle battaglie per salvaguardare i Sibillini. Sul Gran Sasso prende il suo posto la Sezione dell’Aquila, che nel 1980 ha organizzato un convegno per promuovere la nascita di un Parco.

Il numero di marzo 1982 del Bollettino diventa il manifesto della campagna per salvare il massiccio. Il titolo è “Speciale Gran Sasso in pericolo”, in copertina è una foto di Campo Pericoli e del Pizzo d’Intermesoli. Insieme a Nestore Nanni, presidente della Sezione, compongono la redazione alpinisti come Domenico “Mimì” Alessandri e Alberto Rubini, lo storico Alessandro Clementi, e poi Vittorio Centofanti, Maria Pia Favoriti, Maurizio Mantovanelli, Salvatore Perinetti, Teofilo Ramicone e Carlo Tobia.

All’interno compaiono i testi delle interrogazioni dei consiglieri regionali dell’Abruzzo Franco Cicerone, Giuliana Valente e Vittorio D’Andreamatteo, del senatore Luigi Spaventa, di alpinisti come Reinhold Messner (“è necessario garantire a ogni uomo il diritto a un rapporto autentico con l’ambiente selvaggio e incontaminato della montagna”) e Walter Bonatti.

Per la prima volta in Italia, si schierano a favore dell’ambiente attori e registi del teatro e del cinema come Vittorio Gassman, Mariangela Melato, Gigi Proietti, Maurizio Scaparro, Giorgio Strehler e Luigi Squarzina, e scrittori e giornalisti come Alberto Arbasino, Alberto Bevilacqua, Enzo Forcella, Dacia Maraini, Alberto Moravia. Il progetto, per questi ultimi, “giova ai pochi imprenditori da rapina che, servendosi oltretutto di pubblico denaro, con accorti appoggi e in dispregio delle leggi, tendono a privatizzare ogni possibile profitto”.

Sulle pagine del “Bollettino” compaiono interventi di Carlo Alberto Pinelli a nome della Commissione Ambiente nazionale del CAI (“un’autentica opera vandalica, priva di qualsiasi significativo risvolto economico per la maggioranza della popolazione locale”), e dei rappresentanti di WWF, Italia Nostra e ARCI-Lega Ambiente, che anni dopo diventerà Legambiente.

Danno colpi durissimi al progetto del geometra Zappi il geologo Leo Adamoli e l’alpinista aquilano Andrea Bafile, che vive a Firenze e per mestiere vigila sugli impianti a fune della Toscana. A Campo Pericoli, secondo lui, si può sciare soltanto a primavera “quando però gli sciatori si riducono a piccoli gruppi di appassionati, che i gestori degli impianti considerano alla stregua degli animali nocivi”.

Cuore del Bollettino è però l’editoriale, che s’intitola “Chi ha il diritto di distruggere Campo Pericoli? Lettera aperta alla classe politica abruzzese”. Un testo che meriterebbe di essere ristampato e diffuso anche oggi. 

I redattori scrivono del “territorio abruzzese che sta subendo scellerate aggressioni”, con impianti di risalita e “strade insensate”, definiscono il progetto per il Venacquaro e Campo Pericoli “una minaccia proterva e pericolosissima”, legata al “feudalesimo organico che ancora caratterizza la vita sociale e politica della regione”.

I soci della Sezione dell’Aquila ironizzano sull’improvvisa volontà di perseguire “il benessere di 400 pietracamelesi, dopo secoli di abbandono e di dimenticanza”, con “cremagliere, gallerie, cabinovie, seggiovie, insediamenti”. E temono che “il populismo più bieco farà capolino in relazioni di piano, in convegni, in conferenze, in servizi radiotelevisivi”.

La scelta spetta alla classe politica abruzzese, che potrà seguire “gli itinerari che tutti conosciamo delle decisioni crudamente elettoralistiche” o scegliere “un ritorno alla ragione”, “considerando anche la crescita culturale di popolazioni che cercano di conservare la loro identità”. Nessuno, conclude il testo, “ha diritto di distruggere Campo Pericoli”.

Nove anni dopo, nel 1991, la Legge-quadro sulle Aree protette dà vita ai nuovi Parchi nazionali italiani, e tra questi c’è anche il Gran Sasso, abbinato ai Monti della Laga. Il Parco nasce ufficialmente nel 1995 grazie a un decreto del Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, che vara la perimetrazione definitiva e istituisce l’Ente Parco. Il merito, però, è anche della Sezione dell’Aquila del CAI, e di chi ha lavorato a quel numero del Bollettino, fondamentale per evitare lo sfascio.