In montagna, come in tutti gli spazi naturali, non c’è sempre una linea netta a separare il bello dal brutto, oppure il bene dal male, ciò che è opportuno da quello che potrebbe essere evitato. Ce lo ricorda una notizia che arriva da Bolzano, e che merita una riflessione attenta.
Il nuovo rifugio di Passo Santner, una vistosa piramide rivestita di metallo, inaugurata nell’estate 2022 su una delle più belle forcelle delle Dolomiti, è stato duramente criticato dalle associazioni ambientaliste, dal CAI, dall’AVS (il club alpino altoatesino di lingua tedesca) e da una petizione sulla piattaforma “Change.org” che ha raccolto più di 55.000 firme.
Giovedì 1° febbraio, però, il rifugio è diventato ufficialmente un capolavoro, grazie alla Menzione speciale della Giuria nel Wood Architecture Prize 2024, promosso dalla prestigiosa fiera bolzanina Klimahouse, che gode della partnership scientifica del Politecnico di Torino e dell’Università IUAV di Venezia.
Il progetto del rifugio, firmato dall’architetto Lukas Tammerle, è stato premiato “per la qualità e la coerenza con cui risponde a un programma non privo di criticità per il delicato contesto paesaggistico in cui si pone, come dimostrano le polemiche che, sul fronte ambientalista, hanno interessato l’intervento. L’architettura dissimula l’ingente cubatura, curando l’attacco a terra e optando per l’archetipica sezione a capanna. Gli spazi interni sono risolti con attenzione e restituiscono, grazie all’uso e al disegno dei dettagli, un’immagine di comfort domestico”.
Lasciatemi ricapitolare la vicenda. Il Passo Santner, 2732 metri, si apre nel massiccio Catinaccio-Rosengarten, sullo spartiacque tra le valli di Tires e di Fassa, e quindi tra Alto Adige e Trentino. Il rifugio, però, è interamente in territorio altoatesino, e quindi nel Parco naturale Sciliar-Catinaccio, dove il paesaggio dovrebbe essere particolarmente tutelato. Da Vigo o Pera di Fassa ci si arriva con un sentiero impegnativo (EE), da Carezza con una via ferrata. Entrambi gli itinerari sono molto frequentati.
Il primo rifugio di Passo Santner, un piccolo cubo di legno e pietra affiancato da una minuscola terrazza, è stato inaugurato nel 1956 dalla guida alpina trentina Giulio Gabrielli. Negli anni ha accolto decine di migliaia di escursionisti, e gli alpinisti diretti alla via normale del Catinaccio, una classica arrampicata di II e III grado.
Certo, il panorama che include Bolzano, decine di massicci dolomitici e l’Ortles, lo rendevano una meta straordinaria. Molti escursionisti però, dopo aver scattato le loro foto e magari mangiato uno strudel, preferivano scendere al vicino e più confortevole rifugio Re Alberto. Una decina di anni fa il vecchio rifugio ha chiuso, e tra i motivi erano certamente le dimensioni, che non garantivano un reddito sufficiente ai proprietari.
Nel 2021 la Provincia di Bolzano, il Comune di Tires, l’Ufficio Parchi provinciale e persino la Fondazione Dolomiti UNESCO, che dovrebbe conservare il “paesaggio tradizionale” dei Monti Pallidi, hanno approvato il progetto di demolizione e ricostruzione proposto dai proprietari del rifugio.
A far protestare il CAI e l’AVS, fin dall’apertura del cantiere, non è stato l’aumento dei posti-letto da 12 a 36, necessario per rendere economicamente plausibile l’investimento, ma la forma a piramide e il rivestimento in metallo, che lo rendono visibile fin da Bolzano. Carlo Zanella, presidente del CAI Alto Adige, ha scritto “ormai non ci sono più confini all’ingordigia umana”.
Tra luglio e settembre del 2022, mentre il cantiere terminava i suoi lavori, centinaia di escursionisti si sono espressi a loro volta sui social. La maggioranza dei commenti usava frasi come “davvero inquietante”, tristezza assoluta”, “Dio santissimo che oscenità!”. Altri però hanno accettato la novità. “L’espressione architettonica segue lo scorrere del tempo. Perché non può essere così un rifugio?” recita uno dei commenti.
Da qualche decennio, i rifugi “in stile spaziale” sono sempre più diffusi sulle Alpi. Il primo, la nuova Cabane du Vélan, sul versante svizzero delle Alpi Pennine, nasce nel 1993. Lo seguono i nuovi rifugi Gonella e del Goûter sul Monte Bianco, la nuova Monte Rosa Hütte, il “sigaro” del nuovo bivacco Gervasutti ai piedi della parete Est delle Jorasses. L’architetto Luca Gibello, uno dei progettisti di quest’ultimo, scrive di “una voluta estraneità rispetto al contesto”.
All’inizio, l’idea dei “rifugi-astronave” sembra limitata all’altissima quota, dove anche una costruzione in legno e pietra contrasta con la wilderness dei luoghi. Poi, però, strutture di cristallo e acciaio iniziano a nascere anche a quote inferiori, sulle Dolomiti e sull’Appennino.
I costi minori, l’installazione più facile, la carenza di manodopera specializzata nell’architettura in legno e in pietra fanno pensare che le “astronavi” scenderanno sempre più in basso. Ma c’è modo e modo, come dimostra il bellissimo rinnovamento del rifugio Brentei, in un altro luogo-icona delle Dolomiti, anch’esso terminato nel 2022, e quasi invisibile da lontano.
Paul Köllensperger, consigliere di opposizione alla Provincia di Bolzano con il suo partito Team K, è autore della petizione che ha raccolto migliaia di firme su “Change.org”. Un testo che inizia spiegando che “la recente mega-espansione del rifugio Santner ha sfregiato un paesaggio da favola”, ma che prosegue con temi di politica locale.
“A lasciare davvero senza parole è la delibera della Giunta provinciale che ha deciso di vendere il terreno del Catinaccio per l’ampliamento del rifugio a un privato! Stanno privatizzando le nostre Dolomiti, patrimonio indisponibile del demanio!” continua Köllensperger.
Michael Perathoner, proprietario del nuovo rifugio, appartiene a una famiglia importante. Suo padre Stefan, storico proprietario del rifugio Alpe di Tires allo Sciliar, è il rappresentante dei rifugisti privati nell’HGV, l’influente associazione degli albergatori altoatesini.
“Il prezzo di vendita del terreno di 900 metri quadri su cui sorge il rifugio, che dovrebbe essere di inestimabile valore considerato che parliamo di un luogo letteralmente unico al mondo, è la metà di quello che a Bolzano si paga per un garage: 27.450 euro complessivi. Un regalo” prosegue la petizione diffusa da Paul Köllensperger e dal Team K. Insomma, un intreccio tra politica e affari che – se confermato – più che all’Alto Adige-Südtirol farebbe pensare all’Italia più profonda.
Secondo me la differrnza sta nel “visibile o non visibile da lontano”. La copertura che si vede da Bolzano è irrispettosa per i luoghi e per chi li ama. E non é certo stata fatta per aiutare ad individuarlo visto la tecnologia che abbiamo per questo.
Penso a quanto è bello avvicinarsi ormai stanchi alla meta e veder spuntare da “relativamenre vicino” il lungo palo della bandiera del rifugio. E scusate il romanticismo.
Ho partecipato alla raccolta di firme. Al di là dell’estetica, sulla quale si possono avere opinioni diverse, il vero problema è il consumo di territorio protetto in alta quota. Oltretutto inutile: a pochi minuti c’è il rifugio re Alberto, a 1 ora e mezza Vajolet e Preuss. Ad altri 20 minuti la piana di Gardeccia. Dunque non ci saranno escursionisti che si fermeranno a dormire per necessità, ma per il panorama. Che si sarebbe potuto godere comunque con 40 di…fatica, andata e ritorno. Insomma, da tempo le Dolomiti sono diventate oggetto di consumo anche nei territori tutelati. E le amministrazioni locali guardano più ai soldi che all’ambiente. Oltretutto in u territorio nel quale i soldi non sono mai mancati
Sono state scritte una quantità di opinioni su questo rifugio e mai data una risposta al riguardo da parte della proprietà. Ormai il piccolo rifugio è stato demolito e il mega albergo edificato e aperto al turismo alpinistico servito da una moderna teleferica per trasporto derrate guarda caso con cabine a misura d’uomo in sostituzione delle classiche navette.
A mio parere quel luogo non si doveva toccare e tantomeno svendere e finanziare con 900mila euro a fondo perduto dei contribuenti attribuito dalla Provincia Autonoma di Bolzano.
Se quella gloriosa piccola capanna eretta per dare ricovero ad alpinisti e soccorritori non era più economicamente ambita per la sua gestione la si sarebbe dovuta tenere chiusa spostando i servizi che offriva al Rifugio Re Alberto ad una manciata di minuti più a valle.
Voglio sperare, ora, che il CAI Alto Adige, l’Alpenverein Suedtirol, e la Società Alpinisti Tridentini dichiaratisi più volte sfavorevoli all’edificazione di questa assurda struttura alberghiera non mettano più in calendario escursioni con meta Rifugio Passo Santner e si rifiutino di mettere a disposizione i propri iscritti volontari per il mantenimento periodico in sicurezza del Sentiero e della Via Ferrata di accesso al Rifugio demandandone l’onere esclusivamente al Proprietario della struttura unica persona a goderne vantaggio.
Leggo e scopro ora. Nausea. Sono stata diverse volte in quel luogo pazzesco, ho provato più volte la vertigine della sua terrazza. Su quei tavoli mi sono riposata dopo la mia prima ferrata, da ragazza, 25 anni fa. Modesto, ma coerente con lo spirito dei luoghi, in punta di piedi.
Ora la certezza che non ci metterò più piede, per non sporcare il ricordo e per non star male dalla rabbia.
C’erano ben altre possibilità.
Terribile.
Sono inorridita! Che danno! un luogo del cuore, che quando arrivi lassù dalla ferrata ti senti felice di poter godere di quel meraviglioso posto che sono le dolomiti. Montagne per le quali io non riesco, con le parole, a descrivere per la loro bellezza.
Lassù non bisogna andarci con la teleferica per stare in un rifugio (con annessi e connessi), ma passo dopo passo con calma e lo spirito per godere di queste magiche montagne.
Condivido le parole di Claudia, io sto male al pensiero di quello che hanno fatto. Non ci posso credere, ho le lacrime agli occhi.
Forse perchè per me le dolomiti sono il luogo più bello del mondo e vederle deturpate mi fa stare male.
Senza contare che ancora una volta c’è pure stato un danno per lo Stato.
I soldi a fondo perduto per un progetto del genere…. anzichè spendere per preservare,
spendiamo per distruggere!!
non ho parolo
Come Claudia (anche se circa 30 anni prima di lei!) anch’io ho fatto come mia prima ferrata il Santner, di cui ricordo ancora il nevaio verticale con corda, il piolo che speravo sostenesse il mio peso e le mie speranze, e il piccolo e il tanto desiderato rifugio che mi aspettava alla fine di quella bellissima esperienza. Ora nemmeno io vorrei più ritornare lì: il nevaio probabilmente non esiste più, il piolo sarà stato sicuramente sostituito con qualcosa di più sicuro, e il rifugio… beh, quello non è più un rifugio di montagna ma un vero e proprio albergo: ora mi aspetto solo che costruiscano una scala mobile dal Rifugio Coronelle che eviti ai ‘turisti della domenica’ la fatica della ferrata, e la progettazione di una Spa nel nuovo Santner, per poter garantire un benefico idromassaggio prima della ‘stressantissima’ discesa (tutta a piedi!) verso il Re Alberto.
Povero Catinaccio e povere Dolomiti!
È solo l’ultimo scempio sulle Dolomiti …
Vogliamo ricordare i boschi e le forcelle distrutti con la dinamite e le ruspe per far posto alle piste da sci ?
Un esempio Forcella Ra Valles era larga solo qualche metro