La morte di Sean Connery è una enorme perdita per il cinema, per la cultura, per la causa dell’indipendenza della Scozia e per il cuore di milioni di donne di ogni età. In queste ore attori e registi, critici più o meno illustri, milioni di spettatori ricordano soprattutto il Connery-James Bond, con il suo humour britannico e la sua collezione di donne meravigliose e adoranti.
Sono entrati nella storia del cinema anche il poliziotto de “Gli intoccabili”, il monaco-detective de “Il nome della rosa”, il sommergibilista sovietico di “Caccia a Ottobre Rosso”, l’improbabile ma spettacolare spadaccino immortale di “Highlander”.
Chi ama e frequenta la montagna, però, deve ricordare che, una volta nella vita, Sean Connery ha recitato vestito da alpinista degli anni Trenta. In “Cinque giorni un’estate”, “Five Days One Summer” nella versione originale, diretto nel 1982 da Fred Zinnemann, l’attore interpretava un medico britannico in vacanza sulle Alpi Svizzere insieme alla nipote, interpretata da Betsy Brantley.
Tra Connery e la ragazza, molto più giovane di lui, c’è una storia d’amore. Anche la guida svizzera che li accompagna, interpretata da Lambert Wilson, aspira al cuore della giovane alpinista, e la rivalità tra i due uomini è uno dei temi del film.
L’altro, ovviamente, è la meraviglia delle vette e dei ghiacciai delle Alpi Svizzere, raccontate dalla fotografia di Giovanni Rotunno. Chi conosce l’alpinismo di oggi, e vede il film, scopre la perfetta ricostruzione della tecnica e del materiale di quasi un secolo fa, realizzata con la consulenza di un grande alpinista scozzese come Hamish MacInnes.
“Cinque giorni un’estate” è un film affascinante, che però è quasi impossibile da vedere. Non esistono dvd in commercio, gli spezzoni che si trovano su You Tube hanno una qualità molto bassa. Mi permetto di dare un suggerimento al prossimo Festival di Trento. Perché non trovare una copia, presentarla in quei giorni, e metterla a disposizione del pubblico italiano? Si può fare sia se si tornerà a un Festival tradizionale, con il pubblico in sala, sia se il Covid costringerà a realizzare una nuova edizione virtuale. Anche lo Sean Connery alpinista merita di essere ricordato.
Interessante proposta.
Bravo Stefano. Non sapevo di questo film e della consulenza di MacInnes. Sarebbe bello se ti dessero retta.
Il dvd in commercio esiste, anche se non facile da trovare. Solo in lingua originale, doppiato si trovava solo in VHS.
Bellissimo film, davvero un peccato non poterlo rivedere, mentre continuano a mandare in onda cag…. pazzesche.
Vivo a Parigi, e le ricche retrospettive mi hanno più volte permesso di rivedere anche questo film raro, splendido e intrigante. Giustamente apprezzato come film sulla montagna, eppure sottovalutato per lo scarso approfondimento psicologico. E’in parte vero. Solo in parte. Il possente spettacolo naturale ha una dimensione psicologica. La tensione che la natura estrema trasmette è in simbiosi con la passione che travolge zio e nipote… Qui il fulgore della montagna è passione. Passioni limite, tese e rischiose, che risuonano l’una sull’altra.
E’ molto bella la tua proposta. Cercavo il film oggi, ma invano, solo il trailer; peccato, perché avevo voglia di Engadina.
Tanti auguri.
Daniela Pulvirenti
Grazie Daniela, auguri a te!
È un ottimo film , e condivido l’ osservazione di Stefano Ardito . Approfitto per segnalare che nel degrado culturale di oggi, troppi ottimi film sono dimenticati e lasciati marcire nei magazzini . Per ristampare I Lautari ci sono voluti anni di proteste degli spettatori , perché un produttore si decidesse a farlo . Una altra lacuna gravissima riguarda Ultimo Paradiso di Folco Quilici , magnifico documentario che fece scuola a tanti altri . Andrebbe restaurato e rimasterizzato . Invece marcisce in un magazzino di Parigi . . . Chissà chi bisognerebbe sensibilizzare . È girato talmente bene , ed è così poetico , che sicuramente avrebbe un enorme successo di pubblico ancora oggi .