Due anni e mezzo fa, nell’autunno del 2016, i violenti terremoti che hanno scosso i Sibillini hanno fatto staccare dal Monte Sibilla una enorme frana. Tonnellate di roccia, dopo un volo di 600-700 metri, hanno sbarrato la valle del Tenna a monte delle Gole dell’Infernaccio, creando un laghetto.
Nel 2017 ho visitato il sito durante i sopralluoghi compiuti per conto del Parco dei Sibillini dalle guide alpine delle Marche, più tardi la strada sterrata per le sorgenti del Tenna è stata riaperta ai mezzi di servizio, nel 2018 il Comune di Montefortino ha ufficialmente riaperto il sentiero delle Gole. Oggi, secondo il sito del Parco, oltre il bivio per l’Eremo di San Leonardo, l’accesso al fondovalle è vietato.
Qualche giorno fa sono andato a fare un sopralluogo nella zona. La strada di accesso alle Gole è stata riaperta, il sentiero che le traversa è stato sistemato. Nessun cartello del Parco, del Comune o di altri informa della situazione, del presunto divieto e del pericolo al posteggio, al bivio per San Leonardo o in altri luoghi. Potrebbero farlo i Carabinieri forestali, le guide o il personale del Parco. Invece non c’era nessuno.
Credo che escursionisti e alpinisti maggiorenni e informati possano liberamente scegliere di inoltrarsi in luoghi di questo tipo. Quando sono arrivato alla base della grande frana (che potete vedere nella foto), però, ho trovato varie famiglie di francesi e olandesi, ignare di tutto, che lasciavano i loro bambini giocare nella zona più pericolosa. E questo è francamente eccessivo.
Oggi, programmando una escursione sulla Majella, ho scoperto che il sentiero che traversa le gole di Fara San Martino è stato chiuso. Il motivo, secondo l’ordinanza del sindaco Carlo De Vitis, ripresa dal sito del Parco, è la caduta un mese fa di “una pietra di 10-15 cm di diametro, mossa dal vento, e che ha colpito una escursionista”.
Qui siamo all’estremo opposto, e forse anche nel ridicolo. Capisco che il sindaco voglia tutelare il pubblico, ma se la potenziale caduta di pietre “di 10-15 centimetri di diametro” fosse un motivo per chiudere un sentiero di fondovalle, tra l’Appennino e le Alpi dovrebbero essere vietate centinaia di sentieri. Quelli che s’inoltrano nelle gole, dalla Val di Teve a Celano fino alle forre di tufo della Tuscia. Ma anche gli altri, inclusi i due più frequentati d’Abruzzo. Il sentiero del rifugio Franchetti passa ai piedi della Est del Corno Piccolo, quello da Campo Imperatore al Monte Aquila costeggia le rocce della Portella dove i camosci muovono spesso delle pietre. Vogliamo chiudere tutto, signori?
In un Paese normale, i responsabili dei Parchi dell’Appennino centrale (Gran Sasso-Laga, Sibillini, PNALM, Majella…) cercherebbero di coordinare i loro interventi, per avere una linea comune. Sull’Appennino come al solito ognuno fa come gli pare, come per i divieti invernali di fuoripista. A rimetterci, come al solito, sono i frequentatori della montagna, una specie che invece i Parchi dovrebbero tutelare.
PS. Ma il Parco dei Sibillini si è estinto?