Vent’anni fa, per un banale incidente durante un lavoro su corda, ci ha lasciato un personaggio straordinario. Tiziano Cantalamessa, classe 1956, di Ascoli Piceno, era un alpinista di classe eccezionale.
Le sue salite estive e soprattutto invernali sul Paretone del Corno Grande, al Gran Sasso, hanno emozionato una generazione di alpinisti. Sui Sibillini, le montagne di casa degli ascolani, le sue vie nuove sul Pizzo del Diavolo e sulla Piramide hanno portato il settimo grado di difficoltà. Per tutti i suoi compagni di cordata, da Tito Ciarma a Franchino Franceschi, Tiziano era una forza della natura, era un leader. Uno di loro, Massimo Marcheggiani, lo ha ricordato in un libro molto bello, “Tu non conosci Tiziano”.
Sulle Alpi, a causa della lontananza da casa, Tiziano non è riuscito a fare molto. Però la Major sulla parete della Brenva, una delle vie più impegnative del Monte Bianco, che ha salito tanti anni fa con uno dei suoi amici del cuore, Alberico Alesi, è stata un altro segno della sua classe cristallina.
Anche le scelte di vita di Tiziano Cantalamessa sono state speciali. Da giovane lavorava in fabbrica, poi ha lasciato il posto e lo stipendio a fine mese per fare l’allevatore, insieme a sua moglie Renata, sulle verdi colline tra Ascoli Piceno e Teramo. Da lì, più volte, è partito dopo la mungitura del mattino, per dirigersi verso i Prati di Tivo e il Paretone, compiere qualche salita importante, e magari tornare in tempo per la mungitura della sera.
Poi ha lasciato anche la campagna e le mucche, è diventato guida alpina, ha scelto di vivere da professionista della montagna. Non è mai stato facile per nessuno sull’Appennino, non è stato certamente facile, per lui, nelle Marche di qualche decennio fa.
Per me Tiziano Cantalamessa non era solo un alpinista di cui ho raccontato molte volte sulla stampa specializzata e nei libri. Negli anni mi sono legato molte volte con lui, sui Sibillini, al Gran Sasso, in falesia e perfino sul Monte Rosa.
Una volta, sulla nord della Cima del Lago d’inverno, prima di farmi salire ha aggiunto un chiodo alla sosta. E a chi gli chiedeva perché ha risposto in ascolano stretto “eh, cu ‘stu manzitte…”. Ora di chiodo ce ne vorrebbe un altro, ma il ricordo di quella battuta c’è ancora.
Tiziano era una persona a cui volevo molto bene, era un amico. Ricordo la telefonata che mi ha annunciato la sua morte, in quel maledetto incidente di lavoro nelle gole di Pioraco, tra Macerata e Foligno.
Ricordo il giorno del suo funerale, nel cimitero di Ascoli, in una giornata di luce stupenda e con centinaia di persone in lacrime. Domenica 12 maggio il CAI di Ascoli Piceno ricorderà Tiziano con una gita sui Sibillini e con una festa presso la Sala ANA di Borgo di Arquata del Tronto, ai piedi delle rocce del Vettore e della Piramide.
E’ giusto ricordare con un sorriso, e con un bicchiere di vino in mano, una persona che sapeva fare cose straordinarie in parete, ma amava anche stare con gli amici e ridere. Si inizia alle 16, ci vediamo lì.
Il mio ringraziamento a tutti coloro che ricordano Tiziano. Il compagno forte, mite e generoso dei corsi per guida alpina, dove la sua personalità emergeva senza bisogno di nessun gesto, come avviene per coloro che sono grandi “dentro”.
Bellissimo ricordo…..
non conosco il termine ”manzitte” , qualcuno può tradurre ? anche se attuslmentre non vado in montagna non ho smesso di pensarla
Direi piccolo manzo, se non erro.