Quest’anno, tra le rocce e le montagne del Lazio, c’è un anniversario importante da festeggiare. Un giorno del 1919 (siamo certi dell’anno, ma non conosciamo il mese e il giorno), un grande alpinista ha inventato l’arrampicata nel Lazio.
Si chiamava Enrico Jannetta, aveva trent’anni, era uno sportivo a tutto tondo. Per qualche anno, durante la Grande Guerra, aveva dovuto accantonare la sua passione per combattere come ufficiale degli alpini. Da tenente, nell’aprile del 1916, aveva partecipato a un’azione destinata a entrare nel mito, la conquista del Passo della Sentinella, una sella delle Dolomiti di Sesto, sepolta sotto metri di neve.
Sappiamo poco o nulla di quella giornata di un secolo fa sulle rocce del Morra. Jannetta, molte volte, ha scritto e raccontato ad amici che c’era andato nel 1919 insieme all’amico Marchetti. L’unica foto che conosco, e che proviene dall’archivio della Sezione di Roma del CAI, ce lo mostra con un cappello in testa e la corda legata alla vita, da capocordata su una paretina verticale.
Non so se il mitico camino Jannetta sia stato salito quel giorno, o in un’altra giornata di esplorazione. So per certo che nel 1921, sul Bollettino della Sezione di Roma, il Morra veniva già citato come la palestra di arrampicata dei romani. Intanto però Enrico Jannetta aveva iniziato altre esplorazioni.
Nel 1920, insieme a Carlo Franchetti (veneziano, barone, ideatore della prima funivia di Cortina) era sceso nei Meri, i pozzi verticali ai piedi del Monte Soratte, superando su una scala di corda una verticale di 135 metri.
Non scalava soltanto nel Lazio, il nostro Enrico. In quegli anni, con le “tendopoli” alpine della SUCAI, salì la Marmolada, l’Ortles, il Sassolungo, qualche via sulle Torri di Sella. Nell’agosto del 1922, da solo, superò da solo la Nord della Cima Piccola di Lavaredo, un tosto e verticale itinerario di quarto grado.
Un mese prima, nel luglio del 1922, Enrico Jannetta aveva risolto un grande problema del Gran Sasso. Insieme a Michele Busiri, Mario Giaquinto, Raffaello Mattiangeli, Raffeele Rossi e Giulio Tavella, compì la prima assoluta del Paretone del Corno Grande, una via chilometrica con passaggi di secondo e terzo grado. Due giorni dopo, con Busiri e Tavella, salì per la prima volta la parete Est del Corno Piccolo.
A rendere (relativamente) famoso Jannetta in tutta Italia furono le due vie nuove tracciate nell’autunno del 1923 sul Corno Piccolo, prima la cresta Nord-est e poi la Cresta Ovest, cioè le Spalle. Due vie nuove in due giorni, senza strade, cabinovie o rifugi, sono certamente un bell’exploit. Difficoltà di terzo grado con qualche passo di quarto, e un secondo di cordata speciale.
Grazie alle foto di Aldo Bonacossa, pubblicate sulla Rivista Mensile del CAI, le placche del Corno Piccolo e Jannetta fecero il loro debutto in società. Poi Bonacossa, ormai innamorato del Gran Sasso, ci sarebbe tornato insieme a Giusto Gervasutti.
Sorprende notare che nessuno, fino a oggi, si sia preoccupato di organizzare un omaggio a Enrico Jannetta e alla sua “invenzione” del Monte Morra cento anni fa. Non lo ha fatto il Parco dei Lucretili, che sta per compiere trent’anni, non ha mai valorizzato le pareti, e ha recentemente imbrattato il Morra con una ridicola ferrata sui prati.
Non lo ha fatto il CAI, né di Roma né del Lazio. Non l’ho fatto io, per pigrizia e congenita mancanza di tempo, anche se ne ho parlato in pubblico a Tivoli, all’Aquila, a Sora e anche dieci giorni fa ad Accumoli. Ma siamo ancora in tempo. Organizzare un breve convegno e una giornata di festa e di arrampicata al Morra non è poi così complicato. Diciamo che questa è una proposta ufficiale.
Una proposta alle Sezioni del CAI, alle Scuole di alpinismo che per anni hanno portato i loro allievi al Morra. A tutti quelli, a iniziare da Silvio Jovane e Gigi Mario, e proseguendo con Pierluigi Bini, Andrea Di Bari e tanti altri, che su quelle rocce spesso erbose, e martoriate dalle frane, si sono allenati, hanno disegnato linee nuove, hanno inventato un modo nuovo e più leggero di scalare.
Grazie a Enrico Jannetta, viva il Morra!