Trent’anni fa, quando è nato il sistema delle aree protette italiane, sarebbe stato difficile pensarlo. Eppure è così. In molte zone della Penisola, e soprattutto lungo l’Appennino e al Sud, i Parchi e le Riserve naturali ostacolano lo sviluppo del territorio.
Non quello sbagliato degli impianti di risalita e delle speculazioni edilizie, ma quello giusto, che i tecnici nei convegni amano chiamare “ecoturismo”. E che su una montagna come il Cofano, sulla costa Nord-ovest della Sicilia, è fatto (una volta messi da parte i paroloni) di escursionismo, arrampicata, speleologia e altre attività nella natura.
La Riserva regionale del Monte Cofano, istituita nel 1997, è una delle più spettacolari dell’Isola, e si affianca al borgo e alle grotte di Custonaci. Due anni fa i gestori dell’area protetta, dopo la caduta di un masso, hanno vietato quasi completamente l’accesso al promontorio.
Oltre alla via normale, un sentiero interrotto da un breve salto roccioso attrezzato con una scaletta, sono state proibite le 25 vie di arrampicata del Cofano, tra cui la magnifica Cresta Vistammare, un capolavoro del 1981.
Domenica 7 aprile, per chiedere la riapertura del promontorio, una manifestazione è stata organizzata dal sito Custonaciweb e dalla sezione di Legambiente di Custonaci e Pizzo Cofano. L’appuntamento è alle 10, davanti alla Madonna del Romitello. Hanno aderito il CAI Sicilia, la Scuola di Alpinismo Costantino Bonomo, e i Comuni di Erice, Custonaci, Trapani, Valderice, Buseto Palizzolo e Paceco.
“Non possiamo permetterci di abbandonare a sé stessa l’attrazione turistico-naturalistica più importante del nostro territorio” spiegano gli esponenti di Legambiente. “Sul Monte Cofano in 50 anni di fruizione alpinistica non sono mai occorsi incidenti” aggiunge Fabrizio Antonioli, tra gli apritori della Cresta Vistammare, che ha girato sul Cofano alcune sequenze del docufilm “Sutt’u picu ru suli”.
Trentanove anni fa, nel 18 maggio del 1980, una marcia di escursionisti e ambientalisti ha salvato da una strada inutile (e dagli appetiti della mafia) la magnifica costa dello Zingaro, oggi riserva naturale. Fa impressione notare che oggi una manifestazione analoga si rivolga contro i burocrati che gestiscono le aree protette regionali.