Per capire questa storia serve una premessa, anzi due. Uno, le Olimpiadi invernali del 1956, per chi vive a Cortina o la frequenta con passione, sono un mito. Due, all’interno del mito, occupano uno spazio speciale le medaglie vinte nelle gare di bob, che furono le uniche del medagliere azzurro.

Lamberto Dalla Costa e Giacomo Conti vinsero l’oro nel bob a due, seguiti da due atleti di casa come Eugenio Monti e Renzo Alverà, che riuscirono a ripetersi nel bob a quattro insieme a Ulrico Girardi e Renato Mocellini. Da allora, e fino ai due ori nei Giochi di Grenoble del 1968, Monti fu una leggenda dello sport italiano.

Di fronte al mito, si sa, le cifre fanno spesso una figura meschina. Ma dev’esser detto che il bob, per quanto spettacolare, è uno sport quasi senza praticanti. Per questo motivo le tre piste che esistono in Italia (Cortina, Cervinia, quella di Cesana costruita per le Olimpiadi di Torino 2006) sono state rapidamente abbandonate. Gli atleti, tutti altoatesini, delle nazionali italiane di slittino si allenano ida anni n Austria o in Germania.

Per anni, nell’attesa dei Giochi di Milano-Cortina 2026, la questione della pista da bob si è trascinata da un rinvio all’altro. A causarli, oltre alle previsioni di spesa, ai dubbi se valesse la pena costruire una cattedrale nel deserto e al costo per farla restare agibile dopo i Giochi (1,4 milioni di euro all’anno secondo il sindaco di Cortina) era la necessità, per adeguare alle regole moderne l’impianto del 1956, di tagliare un bosco di 750 larici. Gli alberi simbolo del Parco delle Dolomiti d’Ampezzo.

Com’è noto, i Giochi di Milano-Cortina saranno diffusi sul territorio. Ci saranno gare in Valfurva, in Val di Fiemme, ad Anterselva e in altre località. Per questo motivo, a me e tanti altri, sono sembrate logiche (anche se interessate, ovviamente), le offerte dell’austriaca Innsbruck e della svizzera Sankt Moritz di far disputare le gare sui loro impianti, entrambi a poche ore d’auto da Cortina.

Invece, alla fine di febbraio dell’anno scorso, la struggente musica del violoncellista Mario Brunello ha dato l’addio ai 750 larici del bosco di Ronco, abbattuti dalle motoseghe a tempo di record per lasciare spazio al cantiere. La scelta di realizzare a tutti i costi la nuova pista di Cortina è stata presa dalla politica, dalla Regione Veneto di Luca Zaia e dal Governo. Il costo (per la sola parte strutturale) è via via salito da 50 a 81 e poi a 125 milioni di euro più Iva, interamente a carico dello Stato italiano.

Negli anni scorsi, quando gli ambientalisti protestavano pacificamente contro i tagli la zona era presidiata e inaccessibile. Fin dall’inizio, però, il cantiere si vede benissimo dalla cabinovia che sale verso il Col Druscié. Nello scorso dicembre, a diffondere le immagini dei lavori non sono stati i “cattivi” attivisti delle associazioni ambientaliste ma i “buoni” animatori della pagina Facebook Riapriamo la Pista di Bob di Cortina.

Le foto e i video da loro pubblicati con commenti entusiasti, poi ripresi sulla carta e sul web dai colleghi del Fatto Quotidiano (grazie!) sono sembrati a molti, me incluso, una inutile devastazione dell’ambiente e un grande spreco di denaro pubblico. Per i tifosi di Cortina, invece, sono un segno di speranza e futuro.

Anche se il cantiere della pista lavora a ritmi da record, non è ancora detto che la nuova pista di Cortina venga completata in tempo. La parte strutturale dei lavori, necessaria per la pre-omologazione da parte del Comitato Olimpico Internazionale, dev’essere completata entro marzo, per consentire l’omologazione vera e propria a ottobre, a quattro mesi  dall’inizio dei Giochi.

Se questo non dovesse avvenire è necessario un “piano B”, e sembrava logico pensare che in questo caso – anche se con scarso entusiasmo – si sarebbe ripiegato su Innsbruck o su Sankt Moritz, rispettivamente a 161 e a 297 chilometri dalla conca d’Ampezzo. Invece, come ha confermato qualche giorno fa il Wall Street Journal, il “Piano B” degli italianissimi Giochi di Milano-Cortina è Lake Placid, Stato di New York, USA, dove si sono già disputate le Olimpiadi del 1932 e del 1980.

“Naturalmente amerei gareggiare a Cortina, ma sarebbe entusiasmante poter correre in casa” ha dichiarato la campionessa di bob californiana Elana Meyers-Taylor, che ha in bacheca tre medaglie olimpiche. “Lo Stato di New York è onorato di essere stato selezionato” ha aggiunto la governatrice Kathy Hochul.

Le conclusioni, anche se temporanee, sono più d’una. Sappiamo che Greta Thunberg e le sue traversate in barca a vela dell’Atlantico per non inquinare sono passate di moda, ma caricare tutto il circo olimpico in aereo e percorrere più di 6.000 chilometri per arrivare a Lake Placid sembra uno ceffone affibbiato a chi si preoccupa del cambiamento del clima. Chi parla dei Giochi 2026 come un progetto sostenibile rischia di essere clamorosamente smentito.

Il secondo schiaffo, ancora più rumoroso, è quello affibbiato all’UNESCO e all’inserimento delle Dolomiti nel Patrimonio dell’Umanità. Un riconoscimento motivato, oltre che dalla bellezza dei luoghi, dall’integrazione tra le attività dell’uomo e il paesaggio. Il terzo ceffone, violentissimo, è quello affibbiato all’Austria e alla Svizzera, due nazioni alpine che secondo la geografia e la storia dovremmo considerare sorelle. Ma l’Europa, ahimé, sembra morta e sepolta da tempo.