Da tempo la televisione, il web e i giornali ci bombardano con notizie terribili. I massacri di Gaza e dell’Ucraina, migranti annegati nel Mediterraneo, e in Italia delitti uno più insensato e terribile dell’altro. Le notizie che fanno sorridere, in un quadro così, devono essere accolte con entusiasmo.

Rientra in questa categoria la notizia lanciata qualche giorno fa da Le Monde. Secondo l’autorevole quotidiano transalpino, la Corte dei Conti francese sosterrebbe che “occorre confermare lo stato giuridico”, e forse decidere qualche tipo di tutela francese, per la scalinata di Trinità dei Monti, uno dei monumenti-simbolo di Roma. I motivi di questa clamorosa invasione di campo? Per i magistrati contabili d’Oltralpe, il monumento è stato “costruito con fondi francesi”. E poi, la scalinata e la chiesa della Trinità dei Monti, come la chiesa di San Luigi dei Francesi, “sono gestiti in modo sciatto e negligente”.

Per chi vive a Roma, e fa magari paragoni con il degrado (romano al 100%) del Colosseo, la scalinata che scende verso Piazza di Spagna sembra tenuta come un gioiello. Ma l’idea di vedere qualche “flic” arrivato da Parigi inseguire al posto dei pizzardoni romani i turisti che si siedono a mangiare pizza al taglio e gelati sui gradini è straordinariamente suggestiva.

Nei giorni successivi siti, televisioni e quotidiani hanno raccontato la storia del monumento. “È vero, la scalinata venne commissionata dal cardinale Pierre Guérin de Tencin e finanziata dal mecenate Étienne Gueffier e la targa a metà della scalinata parla del ruolo del cardinale Melchiorre de Polignac nella sua realizzazione” scrive Paolo Conti sul Corriere della Sera. “Non c’è da scherzare” ha concluso con toni preoccupanti il collega.

Vittorio Sgarbi, che quando fa il critico d’arte è bravo, ha aggiunto in successive interviste altre informazioni su Trinità dei Monti, sulla sua storia, e su quella degli altri monumenti romani legati all’odierna République Française, e prima di lei alla Francia del Re Sole e di Napoleone Bonaparte. “Bene, manderemo esperti al Louvre per fare la ricognizione aggiornata dei beni sottratti all’Italia nel corso della storia” ha aggiunto l’onorevole Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia, con uno scatto di nazionalismo che una volta tanto può essere giustificato e apprezzato.

Mi permetto di intervenire anch’io, e di fare una proposta diversa. Nei giorni scorsi, la ricerca di Sara Stefanelli e Andrea Galimberti, i due alpinisti italiani dispersi sul Monte Bianco e ritrovati senza vita martedì 10 settembre sui 4500 metri del Mur de la Côte, ha fatto tornare d’attualità uno scippo avvenuto quasi due secoli fa, e che decine di governi italiani (incluso l’attuale, ma anche i suoi predecessori) hanno incredibilmente tollerato.

Il confine geografico tra Chamonix e Courmayeur, e quindi tra l’Italia e la Francia, segue lo spartiacque del massiccio del Bianco, scavalcando i 4810 metri della cima. Sale da ovest lungo la cresta delle Bosses, scende a nord-est verso il Mur de la Côte e il Colle della Brenva. Sulle mappe dell’Istituto Geografico Militare italiano le cose stanno così, ma su quelle dell’Institut Géographique National francese no.

Dopo l’annessione della Savoia alla Francia nel 1860 un ufficiale transalpino, il capitano Jean-Joseph Mieulet, ha disegnato una mappa che lascia la vetta più alta e i suoi immediati dintorni (incluso il Mur de la Côte) in territorio francese. Lo scippo è stato incredibilmente tollerato per più di un secolo da parte italiana, ed è stato riportato alla luce solo nel 1974 dai libri di Giorgio e Laura Aliprandi.

Sono seguiti dei colloqui tra i due Ministeri degli Esteri, ma di fatto la fetta di territorio sottratta all’Italia da Mieulet (di nessun valore pratico, ma di enorme valore simbolico) continua a essere amministrata dal Comune di St.-Gervais-les-Bains. L’intera, incredibile storia è su un mio articolo uscito nell’agosto del 2023 su Montagna.tv, eccolo qui: Lo “scherzetto” del capitano Mieulet. La vetta del Monte Bianco è totalmente francese? – Montagna.TV

Nei giorni scorsi, anche le comunicazioni del Soccorso Alpino Valdostano e del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico a proposito della ricerca dei due alpinisti dispersi hanno fatto riferimento al Mur de la Côte e alla vetta del Bianco come a “territorio francese”. I bravissimi soccorritori italiani e francesi, che intervengono con enorme generosità e grande bravura su entrambi i versanti del massiccio non hanno nessunissima colpa, e anche gli amici che raccontano il loro lavoro alla stampa fanno un lavoro prezioso.

Forse, però, la vicenda di Trinità dei Monti dovrebbe indurre a una riflessione più ampia anche sullo scippo del capitano Mieulet. Se la Francia rivendica il controllo su uno dei monumenti-simbolo di Roma, e magari ha anche qualche motivazione formale per farlo, non è possibile far rientrare nella discussione sulla sovranità nazionale anche lo scippo perpetrato nel 1862 dall’astuto capitano che era stato inviato sul Monte Bianco dall’imperatore Napoleone III?

Che ne pensano il Ministero degli Esteri, la Regione Valle d’Aosta, Il Comune di Courmayeur, le televisioni e i giornali che hanno (giustamente!) raccontato la vicenda di Trinità dei Monti? La giustizia non può essere a senso unico. Gli scalini barocchi e le azalee di Roma valgono quanto le cornici di neve e gli affioramenti di granito del Monte Bianco. Discutiamo di Trinità dei Monti? Va bene, ma intanto aridatece il tetto d’Europa!