La Val Masino, che confluisce nella Valtellina ad Ardenno, è celebre grazie al Pizzo Badile e ad altre gigantesche vette di granito, e alle vie di arrampicata e agli ambienti idilliaci della Val di Mello. Per gli alpinisti del passato, però, la sua vera attrattiva era il Monte Disgrazia, un’imponente cima di 3678 metri che si alza sullo spartiacque con la Val Malenco, ed è stata salita per la prima volta nel 1862 da una cordata britannica condotta dalla guida svizzera Melchior Anderegg.

Il rifugio, il primo della Val Masino, è stato costruito nel 1881 da un privato (il conte Francesco Lurani Cernuschi), donato due anni dopo al CAI di Milano e poi ampliato più volte e dedicato al banchiere e alpinista Cesare Ponti. L’itinerario che lo raggiunge è molto frequentato a causa dell’ambiente spettacolare e della relativa brevità, ma si svolge su un sentiero spesso scomodo a causa delle pietre. I tornanti a metà percorso, su terreno molto ripido, richiedono attenzione. La strada a pedaggio per Preda Rossa è comoda ma richiede cautela.

Il ghiacciaio di Preda Rossa, come molti altri delle Alpi Retiche, si è drammaticamente ritirato negli ultimi decenni. In piena estate il Disgrazia merita ormai il suo nome tradizionale che deriva da “Desglacià”, cioè senza ghiaccio. Ma l’ambiente resta di grande fascino.     

  • Dislivello: 780 m
  • Tempo: 4 ore a/r
  • Difficoltà: E
  • Quando andare: da fine giugno a fine settembre

La strada della valle di Preda Rossa si stacca dalla provinciale della Val Masino a Filorera. Il pedaggio (12 euro nel 2024) può essere pagato negli esercizi commerciali del paese, o a una colonnina che accetta solo moneta.

Il tracciato si alza a tornanti, passa sulla sinistra orografica e si alza ancora fino a un tunnel a senso unico (attenzione!) che dà accesso alla conca di  Sasso Bisolo. Si superano il rifugio Scotti (1462 m) e delle baite, poi una nuova serie di tornanti porta a un posteggio (1791 m, 12 km da Filorera) in vista del Disgrazia e dei Corni Bruciati.

A piedi si segue un tratturo sassoso che tocca dei grandi massi, lascia a destra due ponticelli, raggiunge il Piano di Preda Rossa e lo attraversa con delle passerelle di legno. Alla fine del pianoro si inizia a salire nel bosco, accanto al torrente, con tratti scomodi a causa delle pietre, fino a sbucare su un bel terrazzo erboso (2113 m, 1 ora) dove si lascia a destra un terzo ponticello.

Ora il sentiero entra in un severo canalone, lo risale costeggiando delle placche di granito, poi si alza sulla destra con dei tornanti su terreno molto ripido. Più in alto la pendenza diminuisce, e si continua con percorso via via più comodo fino a un prato e a un grande ometto di pietre (2391 m, 0.45 ore) da cui appare il rifugio.

Si sale con dei comodi tornanti, poi si obliqua lungamente tra prati e pietraie. Si aggira un canalone con una breve salita ripida, si traversa il solco e si sale per lastroni al rifugio Ponti (2559 m, 0.30 ore). La discesa per lo stesso itinerario richiede 1.45 ore.