Non c’è niente da fare.  La passione per le polemiche, la faziosità, lo sciovinismo impediscono spesso a noi italiani di avere un’immagine corretta delle cose. Lo si è visto durante le Olimpiadi di Parigi, dove le discussioni sugli arbitraggi nella pallanuoto o nella scherma, e gli scontri sul sesso della pugile algerina Imane Khalifa hanno disturbato chi voleva ammirare un magnifico spettacolo di sport.

Lo stesso è accaduto per la seconda montagna della Terra, che è stato tentata dalla spedizione K2 70 diretta da Agostino Da Polenza, ed è stato salito tra il 28 e il 29 luglio da una cinquantina di guide e clienti, e da alpinisti (tra loro gli italiani Federico Secchi e Tommaso Lamantia) che non hanno usato respiratori e bombole. In Italia, già da prima della partenza, la spedizione delle donne italiane e pakistane è stata bombardata di critiche per la presenza di uomini come Da Polenza e il pakistano Alì Durani. Puristi e ambientalisti si sono scagliati contro le spedizioni commerciali che ormai sono padrone degli “ottomila”.

Non sono mancate le critiche alla troupe RAI e a Massimiliano Ossini che sono ripartiti dal campo-base prima dei tentativi alla vetta, e al governo Meloni che non ha celebrato in alcun modo i 70 anni trascorsi dalla vittoria di Compagnoni e Lacedelli nel 1954. Altre critiche sono toccate al Club Alpino Italiano, che ha organizzato la spedizione di quest’anno, e non ha certo brillato nel raccontare quel che è accaduto nelle scorse settimane sul K2.

In tutto questo, chi scrive di montagna e alpinismo (me compreso, ovviamente!) ha trascurato una notizia straordinaria. Quello dell’arrivo a 8611 metri senza ossigeno, il 28 luglio, dei francesi Benjamin Védrines, Jean-Yves Fredriksen, Liv Sansoz e Zeb Roche, che sono poi scesi a valle in parapendio.

Védrines, guida alpina di Briançon, è decollato dalla cima a mezzogiorno dopo aver stabilito un nuovo tempo-record (meno di 11 ore!) nella salita lungo lo Sperone Abruzzi. Nel pomeriggio lo ha seguito Fredriksen, Blutch per gli amici, che era salito in solitaria raggiungendo la normale verso gli 8000 metri. “Odio le folle” ha spiegato.

Poi è toccato a Liv Sansoz, campionessa di arrampicata, e a Bertrand Roche detto Zeb, che nel 1990 e nel 2001 era decollato in parapendio dall’Everest. Tutti – cosa quasi incredibile per il K2 – hanno avuto problemi a causa della mancanza di vento, Fredriksen è atterrato al suo ultimo campo, 6600 metri, e ha continuato a piedi. Gli altri sono arrivati in volo alla base.

“E’ stato un gran sollievo scendere in volo senza dover ripercorrere la via di salita” ha commentato Liv Sansoz. “Il parapendio è la mia corda, è la mia soluzione di emergenza. Quando lo porto con me sono certo che, se accade qualcosa, posso sempre scendere in volo fino alla base” ha aggiunto Fredriksen. “Ho combinato la capacità di arrampicare velocemente con l’abilità nel pilotare il parapendio, e ho avuto sensazioni ed emozioni incredibili. Grazie vita!” ha aggiunto Védrines.

A breve, un mio resoconto più completo sull’impresa dei quattro alpinisti e piloti francesi uscirà su “Montagna.tv”. Ma è certo che un grande applauso a Benjamin, Jean-Yves, Liv e Zeb sarebbe dovuto partire prima anche dall’Italia. L’unico a farlo con sufficiente energia è stato il collega Alessandro Filippini, che ringrazio per aver indicato la strada.