Qualche giorno fa, il 20 luglio, una foto del nuovo rifugio di Passo Santner che ho pubblicato sulla mia pagina Facebook ha provocato un’accesa discussione. Quando le cose che dico e che scrivo fanno riflettere chi ama e percorre le montagne sono contento. La questione del nuovo rifugio e del suo impatto ambientale però, merita un approfondimento.
Partiamo dai commenti (una cinquantina) apparsi sulla mia pagina Facebook. La maggioranza è negativa, con una raffica di “orribile”, “che schifo!”, “che oscenità”, “una follia”, e perfino un “orendo” in dialetto romanesco. Luca Mazzoleni, amico e rifugista di grande esperienza, lo definisce “inquietante”.
Altri invece usano toni positivi. “Se dico che mi piace è una bestemmia?” chiede l’amico giornalista Angelo De Nicola. “Ogni cosa è figlia del suo tempo” aggiunge Fulvio Turvani. “Le alternative erano rifarlo o abbandonarlo. Io sono sempre dalla parte di chi fa” commenta Diego Clara, che vive e lavora in Alto Adige. “Il problema non è se è bello o brutto, ma dove è stato costruito” gli risponde Tommaso Forin, autore di libri e guide sulle Dolomiti.
I “rifugi-astronave” del Monte Bianco e delle Alpi Pennine
Qualche mese fa, per il mio libro sul Monte Bianco, ho ricostruito la storia dei rifugi in stile “spaziale” sulle Alpi. Il primo, inaugurato nel 1993, è la nuova Cabane du Vélan, sul versante svizzero delle Alpi Pennine.
Lo seguono i nuovi rifugi Gonella e dell’Aiguille du Goûter sulle vie normali del Monte Bianco, la nuova Monte Rosa Hütte ancora sulle Alpi Pennine, il “sigaro” del nuovo bivacco Gervasutti ai piedi della parete Est delle Grandes Jorasses che trova ampio spazio sulla stampa di montagna. L’architetto Luca Gibello, uno dei progettisti di quest’ultimo, scrive di “una voluta estraneità rispetto al contesto”.
All’inizio, l’idea dei “rifugi-astronave” sembra limitata all’alta o altissima quota, ad ambienti dove anche una costruzione in legno e pietra contrasta con il paesaggio originario e completamente selvaggio dei luoghi. Poi, via via, strutture di cristallo e d’acciaio iniziano a nascere anche a quote inferiori.
L’amico Giuseppe Alfio Ciabatti, ex-presidente della Sezione di Firenze del CAI, fa notare la somiglianza del nuovo rifugio di Passo Santner con il nuovo bivacco Fanton sulle Marmarole, inaugurato qualche settimana fa dalla Sezione di Auronzo del Club Alpino.
L’architetto e giornalista Salvatore Peluso, sul sito domus.it, scrive di “un rifugio di montagna vertiginoso”, che “riconnette l’uomo con la natura”. L’Appennino di solito segue a distanza le Alpi. Invece un rifugio ultramoderno è stato costruito tre anni fa sui Sibillini dalla sezione di Ascoli Piceno del CAI. Parlo del nuovo bivacco Zilioli, un’altra piccola “astronave” atterrata tra le ghiaie e le stelle alpine ai piedi del Monte Vettore.
Qualche riflessione su Passo Santner
La mia opinione per quel poco che conta è articolata, e provo a esprimerla punto per punto. Primo, non c’è dubbio che un rifugio, per poter lavorare debba avere almeno una trentina di posti-letto. L’alternativa per Passo Santner era tra costruire qualcosa di più grande e rinunciare semplicemente al rifugio. Detto e accettato questo, era proprio necessario edificare una struttura così vistosa, o non ci si poteva limitare a un altro rifugio di pietra?
Secondo, nei rifacimenti dei rifugi, preferisco di gran lunga gli interventi che affiancano elementi nuovi e confortevoli alle strutture precedenti. E’ quello che è accaduto al rifugio Brentei (di cui ho scritto in un pezzo che sta per uscire sul sito montagna.tv), completamente rifatto ma che sembra quello di una volta. E anche al rifugio Vincenzo Sebastiani del Velino, rimesso a nuovo dal CAI di Roma e dalla bravissima Eleonora Saggioro anche senza le centinaia di migliaia di euro messe a disposizione dalle Province autonome di Bolzano e di Trento.
Terzo, so bene che stabilire una quota minima per i rifugi “spaziali” non è possibile. Francamente, però, non vorrei che interventi di questo tipo si moltiplicassero sulle Alpi (e magari anche sull’Appennino) nella fascia tra i 2000 e i 2500 metri, quella dei ghiaioni e dei pascoli. Immagino, sperando di non sbagliarmi, che nessuno pensi a interventi di questo tipo ancora più in basso, nei boschi di abeti, larici e faggi delle nostre montagne, dove si è sempre costruito in legno e in pietra.
Passo Santner è un patrimonio di tutti
Quarto, sorprende che un intervento di questo tipo sia stato realizzato all’interno del Parco Sciliar-Catinaccio, tutelato dalla Provincia di Bolzano, e in una delle nove aree delle Dolomiti inserite nel Patrimonio dell’UNESCO, che fin dalla sua istituzione sottolinea l’importanza del turismo alternativo e della valorizzazione della civiltà tradizionale (anche in architettura) dei “Monti Pallidi”.
So che Michel Perathoner, proprietario del nuovo rifugio, appartiene a una famiglia influente. Suo padre Stefan, storico proprietario insieme alla moglie del bellissimo rifugio Alpe di Tires allo Sciliar, è il rappresentante dei rifugisti privati nell’HGV, l’influente associazione degli albergatori altoatesini.
In casi di questo tipo però, in luoghi celeberrimi e frequentati come il Catinaccio/Rosengarten, sarebbe bene aprire un dibattito pubblico. Se il Comune di Roma (Dio non voglia!) pensasse a dipingere a colori vivaci il Colosseo, non potrebbero protestare solo i residenti dell’Urbe, ma anche gli inglesi, i giapponesi e naturalmente anche i signori Perathoner. Lo stesso dovrebbe valere in senso inverso.
Dall’Alto Adige ci aspettiamo dei buoni esempi
Il quinto e ultimo punto riguarda l’Alto Adige/Südtirol, una terra civile e magnifica che in passato è stata trattata molto male dall’Italia, ma dalla quale gli italiani di oggi si aspettano una gestione del territorio migliore che nel resto della Penisola.
Diciassette anni e mezzo fa, il 10 gennaio del 2005, in Italia è entrata in vigore la legge Sirchia che vietava il fumo nei locali pubblici. Due mesi dopo, durante una settimana bianca all’Alpe di Siusi insieme alla mia famiglia, ho scoperto con fastidio che nei rifugi e nei bar si fumava ancora.
Per non perdere la clientela tedesca, la Giunta Provinciale di Bolzano aveva rinviato di sei mesi l’entrata in vigore del divieto, e i clienti italiani (specie se con figli) protestavano invano. Era un provvedimento formalmente legittimo, ma per l’Alto Adige è stato uno spot negativo poderoso. Spero che la costruzione del nuovo rifugio di Passo Santner non abbia un effetto analogo su una terra che frequento e che amo.
Caro Stefano ho sempre pensato che un rifugio sia un posto intimo dove una persona oltre che scappare da il tram tram quotidiano abbia ache il senso di pace e accoglienza ed intimità, purtroppo oggi figli di un consumismo di massa tendiamo a riportare ciò che nelle nostre città reputiamo sia bello e affascinante in luoghi ove gia c’è. Tutto ciò, il costruire astronavi x riportare le fredde città la dove c’è silenzio lo trovo abominevole.
La pianificazione territoriale e’ un argomento assai complesso e particolare, figuriamoci nelle Alpi. Perche’ anche di questo si tratta, trovare motivo per un luogo abitato e inserirlo con significato. E’ una pianificazione supercomplessa lo so bene essendo il mio lavoro. Invece la forma avveneristica dell’oggetto e’ ancora altro argomento. Spesso mero virtuosismo di colleghi con un ego piu’ alto della stessa vetta cge sovrasta il rifugio …e qui alzo le mani. Ma a prescindere che ci sia ormai una tecnica e tecnologia a risparmio energetico, autosufficiente e bio …per questi luoghi impervi del costruire ….deve entrare a forza nella nostro cultura sociale, a simbolo ed esempio di cosa possa fare l’uomo intelligente in questo pianeta, per poi portare a valle il know how ….e creare cose migliori. Ne siamo capaci se al posto di far parlare l’io facciamo parlare il senso collettivo. Allora si ai rifugi tecnologici con senso compiuto 😃
Concordo Stefano! Capisco la necessità di ricostruire un rifugio ma non capisco certe “evoluzioni” architettoniche che niente hanno a che vedere con l’ambiente nel quale è inserito. Quando poi la struttura è inserita in un parco e quindi in un ambiente protetto certe performances diventano intollerabili
Era meglio , molto meglio ristrutturare il vecchio e farne uno simile nei pressi così come è’ più in basso per il rifugio preuss e il Vajolet .
15 posti ognuno , magari con unico gestore , possibilità di chiuderne solo uno in bassa stagione e soprattutto niente astronavi con tetto a punta, che quando arrivi fin lassù che lo fai per stare in pace con te stesso , non ti sembra di stare in quei posti orrendi di montagna tipo Sestriere . Insomma si poteva fare meglio con minor spesa e soprattutto miglior impatto ambientale
Buon giorno, Sono una turista che viene di Canada per sciare nelli Dolomiti per più di 15 anni con il mio marito. Per noi, questo è un paradiso per sciatori: per la bellezza delle piste ben preparate e dei paesaggi, i rifugi in motange, la cultura mista di ladino, italiano e tedesco, le grandiose catene di montagne. Credo come molti residenti della regione d’Alto Adige, che è una priorità di preservare i patrimoni edificati che sono i rifugi. L’architettura tradtionale delle case e delli edifici è legata alla storia di questa regione.
Sono purtroppo passato lo scorso anno da questo disastro di rifugio che non riuscirà mai a recuperare i soldi investiti ( basta fare due calcoli a tavolino considerando che lavora solo tre mesi), io ho pagato 10 euro un te ed una fetta di torta in veranda ma quando la cameriera mi ha detto che la mia nipotina di 13 anni affaticata dalla prima ferrata non poteva mangiare il suo panino ho perso il controllo gettando via il tè e schiacciando con un pugno il dolce, auguri a queste persone
Però, che gentile…siamo proprio al domani di un altro mondo che non c’è proprio piú, nè nei rifugi nè nelle persone
Abito e sono nato qui, a Bolzano, da dove vedo luccicare il rivestimento metallico del rifugio nel bel mezzo del Catinaccio.
È un affronto alla montagna ed una profanazione di un luogo, per me quasi sacro nella sua naturalezza, ed una provocazione per noi alpinisti.
Non tornerò mai più sul passo Santner e tanto meno in quel rifugio.
C’è un solo modo, purtroppo, per vendicarsi. Per vendicare la montagna. E la bambina.
Che non venda neppure un caffè. Entrate, andate a pisciare, e ciao.
Venti minuti più sotto, di fronte alle torri, rifocillatevi lì.
Mi unisco alle intelligenti e pacate parole di Stefano Ardito (grazie per la sua opera, profonda e utile) e ai commenti dei signori Affinati, Davoli e Masiero, che condivido pienamente.
Ciò che mi fa più impressione, in questa “cortinizzazione” della montagna, è la “complicità” degli enti pubblici: e il fatto che siano pubblici, e che in concreto tutelino legittimi interessi privati, è di per sé esplicativo dell’essenza della società in cui viviamo.
Stupidità umana, più avidità (vedi per esempio la dismissione e la demolizione dell’ex rifugio-albergo del TCI all’Alpe di Siusi e la trasformazione in ristoranti di lusso di rifugi storici), dànno questo bel risultato!
Ammonterebbe a oltre 600 mila euro il danno causato alla Provincia da due dirigenti pubblici per la vendita a privati dell’area demaniale di ben 900 metri quadri sul Catinaccio per la costruzione del mega-rifugio Passo Santner “a un prezzo non coerente e di molto inferiore a quello di mercato”, ovvero solo 27 mila euro
Da salto.bz , aspettiamo gli sviluppi
sono un escursionista datato, avevo 12 anni nel 1969 quando per la prima volta raggiunsi il
rifugio al passo Santner, ambiente famigliare che ti faceva sentire a casa. Sono passati oltre 50 anni e in tutto questo tempo sono passato dal rifugio molte altre volte e sempre con l’idea di poter pernottare, l’ultima occasione è stata nel 2008 ma il mio gruppo di amici (6)
era troppo numeroso in quel momento quindi, dispiaciuti siamo dovuti scendere al Re Alberto.
Probabilmente ripasserò al passo Santner ma non a pernottare ma per guardare da quella
meravigliosa balconata.
Il rifugio così com’è non mi attrae.