Molti anni fa, la Scuola di alpinismo della Sezione di Roma del CAI decise di organizzare, al posto del solito e sovraffollato corso di roccia, un corso di introduzione all’alpinismo al quale avrebbe potuto partecipare un centinaio di allievi. Nella vecchia sede di Via Ripetta, però, tanta gente non ci poteva entrare. Qualcuno si rivolse all’ANA, l’Associazione Nazionale Alpini, che mise a disposizione la sua grande sede nelle caserme di Viale delle Milizie.
Il locale era ampio e comodo, ma con una magagna. Sui muri della sala grande, degli affreschi mostravano gli alpini nelle loro tipiche pose. E accanto agli alpini con il mulo, alle prese con un fiasco oppure in marcia schiacciati sotto a pesantissimi zaini, c’era quello di un alpino seduto in osteria, che assestava una pacca (o un pizzicotto) sul sedere di una cameriera procace.
Noi istruttori non ce ne preoccupammo, ma qualcuna delle allieve sì. Alla fine della seconda lezione, mentre gli allievi stavano finendo di uscire e noi smontavamo il proiettore e lo schermo, un urlo “troie comuniste!” lanciato da un energumeno ci fece correre nella sala. La mano dell’alpino maiale era scomparsa, e al suo posto c’era un grande simbolo femminista color rosa shocking.
Quella sera non si arrivò alla rissa perché altri esponenti dell’ANA, meno di destra (o forse solo più calmi) dell’urlatore, riuscirono a fare da pacieri. Mentre ce ne andavamo, risuonò una frase che mi ricordo bene, “mai più con il CAI, perché è pieno di rossi!” Da allora, ogni volta che mi sono trovato di fronte a immagini di quel tipo ho ripensato a quella scena lontana, e ho capito. Non era solo folklore, era un insulto pesante e doloroso per le donne.
Negli ultimi anni mi sono occupato molte volte degli alpini. Ho dedicato loro quattro libri, da “Alpini d’Abruzzo” e “Alpi di guerra, Alpi di pace”, fino ad “Alpini, una grande storia di guerra e di pace” e al romanzo “Il sangue sotto la neve”. Per scriverli ho frequentato archivi storici, musei e la sede nazionale dell’ANA. Sono stato ospitato in caserme e sul campo, durante esercitazioni in armi o di protezione civile.
Per presentare i miei libri sono stato ospitato con attenzione e con affetto da decine di sezioni e di gruppi dell’ANA. Ricordo l’accoglienza che ho avuto a Milano, a Conegliano, a Parma e pochi giorni fa a Meda, in Brianza. A Ponzone, in Piemonte, con “Alpi di guerra, Alpi di pace” ho vinto il premio “Alpini sempre”.
Anche prima di iniziare a scriverne, ho apprezzato il coraggio e la capacità di soffrire degli alpini ad Adua, sulle Dolomiti della Prima Guerra Mondiale, oppure in Grecia, in Albania e in Russia nella Seconda, di cui mi ha raccontato mio padre Mario, che tra il 1940 e il 1945 era un giovane ufficiale degli alpini. Ho la più assoluta ammirazione per il ruolo degli alpini durante le missioni nei Balcani, in Afghanistan e altrove, e per gli interventi delle truppe alpine e dell’ANA dopo la catastrofe del Vajont e i terremoti dell’Irpinia, dell’Aquila e di Amatrice.
Proprio all’Aquila, all’adunata del 2015, ho visto sfilare con commozione striscioni che elencavano i milioni di euro raccolti, e le centinaia di migliaia di ore lavorate nei cantieri del post-terremoto. Su alcune bancarelle, però, magliette e bandiere con scritto “viva la gnocca!” (vedi la fotografia) c’erano eccome.
Nei libri e nelle presentazioni, insieme ai momenti gloriosi, ho raccontato gli episodi difficili della storia degli alpini, dallo stretto rapporto con il fascismo negli anni Trenta fino alle stragi compiute dalle truppe italiane (“penne nere” comprese) in Jugoslavia tra il 1941 e il 1943, e all’adesione alla Repubblica di Salò degli alpini della Monterosa, che hanno contribuito a rastrellamenti sanguinosi contro i partigiani e la popolazione civile. Ho sempre usato toni pacati, e mi sono sempre trovato davanti ad attenzione e voglia di riflettere.
In questi giorni, come migliaia di altri italiani, ho letto con dolore delle molestie a decine di donne avvenute a Rimini durante l’adunata dello scorso weekend. Ieri e oggi sui quotidiani sono uscited decine di commenti. Ha ragione Michela Marzano che su “Repubblica” ha scritto di una “vecchia, intollerabile cultura dello stupro”. Ha ragione il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini, che ha invocato la tolleranza zero.
Non so se abbiano ragione le testimonianze che sembrano attribuire le molestie solo a soci ANA dall’età piuttosto avanzata e non anche ai più giovani. Sono certo che nei reparti di alpini in armi, dove le donne (alcune sono sottufficiali o ufficiali) sono almeno il 15% del totale, pizzicotti sul sedere, canzoncine sessiste o cartelli con “viva la gnocca!” non possono avere spazio.
Penso che abbia ragione Michele Serra, che propone di “dealpinizzare” il problema, legato soprattutto al “concentrarsi di migliaia di maschi in un clima di vacanza cameratesca, con la bottiglia come totem”, una situazione che manda il cervello in pappa e il testosterone (o il suo ricordo) alle stelle.
Certamente ha torto Sebastiano Favero, presidente nazionale dell’ANA, che ha risposto alle accuse con piglio da burocrate, spiegando che non si può “dar retta al sentito dire”, e ci vogliono “le denunce alle forze dell’ordine”. Qualche denuncia c’è stata, e altre ne arriveranno certamente. Ma serve un atteggiamento diverso, e molto più incisivo.
Presidente Favero, non chiuda gli occhi, per favore. Lanci all’interno dell’ANA, lei che può, una campagna per il rispetto delle donne. E faccia un giro nelle sezioni, perché qualche affresco con natiche, tette e pizzicotti c’è ancora. Non le chiedo di nasconderlo con un simbolo femminista, una mano di vernice è sufficiente. Grazie di cuore.
Hai servito il Paese in armi? Sei un Alpino? Da come scrivi temo di no e allora lascia perdere, non accodarti alla lagna che è tipica degli “ismi”. Leggiti piuttosto i volumi di van crevald, massimo studioso di organizzazioni militari e di storia militare. In particolare quello dedicato alla presenza delle donne negli eserciti attuali. Capirai che tra i tanti ismi catastrofici dei nostri tempi il peggiore è il modernismo. Voler innovare a tutti i costi in nome, appunto, delle mode!
Se canti bella ciao ti applaudono se dici ciao bella ti denunciano..
Ma per favore, in che mondo siamo capitati?
Grazia Stefano. Un articolo chiaro e puntuale che dovrebbe leggere tutti quelli che minimizzano sempre
Questo articolo è ipocrita!prima racconta demeriti degli alpini, poi riconosce sotto traccia che gli alpini sono dei beceri. In omaggio alla cultura woke. Ĺ’autore è uno schifoso
Buongiorno, premesso che non indosserei una maglietta con scritto viva la gnocca e che non ho mai fischiato alle donne né mi sono mai rivolto loro con apprezzamenti volgari perché non amo la volgarità comunquesi manifesti e la si rappresenti (compresa quella che si vede nei gay pride, giusto per chiarire), penso che se una maglietta con la scritta viva la gnocchi sia vissuta come una molestia, il problema stia nella mente di chi la percepisce tale. E questa persona andrebbe aiutata, non strumentalizzata. Mi sorge il dubbio che a persone come lei non infastidisca il viva la gnocca in sé o apprezzamenti più castigato come “che belle gambe!”, quanto piuttosto il fatto che un uomo oggi possa ancora rivendicare in modo esplicito la propria preferenza verso il genere femminile. Se invece di viva la gnocca, sulla maglietta ci fosse scritto orgoglio gay, la vieterebbe?
Bu9ngiorno Sig. Ardito,
Ho letto il suo articolo e condivido quasi tutto.
Ho dato un anno della mia vita allo stato facendo l’Alpino e ho anche ricevuto molto, sia come esperienza che crescita personale.
Oggi essere etichettato come molestatore, ubriacone, stupratore mibda molto molto fastidio….
Se mi permette le farei una domanda: com’è che tutte queste donne e persone che si indignano a tal punto da chiedere di abolire le adunate non fannonlo stesso rumore quando le attricette/suobrette/vips si mostrano mezze (per non dire tutte) nude sui social o sulle riviste solo per un po’ di visibilità…mandando messaggi e comportamenti ugualmente sbagliati?
Un’ultima considerazione:
Se gli atti di cui si legge sono arati così gravi e compiuti in mezzo ad altre persone perché non hanno chiesto subito aiuto o denunciato immediatamente o chiamato immediatamente le forze dell’oedine peraltro presenti all’evento???
Grazie e buona giornata
sig. Ardito, mi permetta di non essere d’accordo con il suo articolo, proprio per tutte le peculiari qualita degli ALPINI, che si sono guadagnati in tanti decenni di sacrifici umani e non, credo di poter affermare che le loro ” effusioni “, nei riguardi del sesso famminile, sia un ulteriore modo di considerarle, sempre un loro idolo, possiamo oltresì affermare che L’ALPINO, è sempre stato un uomo ” rude “, quindi non avvezzo alle smancerie, del ceto abbiente, le ” signore “, se degne di tale nome, sanno bene come difendersi e comportarsi in occasione di certe situazione e dico di più debbono sentirsi onorate ( certo, se si rimane solo sul buffetto sul sedere ) perche cio significa che rimarranno nel pensiero del soggetto anche quando, lo stesso sara sotto il ” piombo nemico “, so gia, che questa mia esternazione farà storcere il naso a molti, ma tant’è, da un 84nne che ha vissuto una vita intensa.
Migranti, lesbiche, Gay e l’immancabile bella ciao. Solo questo è tollerato dalla sinistra, che, sorretta dalla cupola mediatica istituzionale sta tentando di imporci il pensiero unico, ovvero tutto quello che ricade sotto il manto del “politically correct”. Loro, si sono eletti a poliziotti del pensiero, illusi di essere i depositari della verità assoluta, vigilano sulle opinioni altrui, stigmatizzando ed ammonendo chiunque esprima un concetto, un’opinione diversa da quella che secondo loro dovrebbe essere l’incontestabile paradigma da seguire. Caro Ardito, invero, Lei, sostiene che “l’energumeno” oggetto della discussione sia necessariamente di destra, ed altri esponenti un po’ più calmi, meno di destra. Esprimo il mio disappunto contro qualsiasi atto di sessismo o qualsiasi azione che possa mettere in discussione la rispettabilità delle donne o di qualsiasi altra persona, assumere per definizione che questo tipo di comportamento sia caratteristico di una specifica parte politica, è estremamente presuntuoso e scorretto. Siamo stufi delle lezioncine tenute da chi in modo supponente e fazioso pensa di essere il tenutario della verità.
Non ho nessuna verità da imporre, ho il massimo rispetto e un grande affetto per l’Associazione Nazionale Alpini, che mi ha ospitato per presentare i miei libri nei suoi Gruppi e nelle sue Sezioni. E’ evidente che le battutacce (o peggio) di Rimini sono arrivati da un numero limitato di persone, non per questo devono essere ignorati. E poi, il rispetto per le donne non è di destra né di sinistra, ma dev’essere una regola di civiltà per tutti.