Conoscendo bene la stampa italiana, so che quando la montagna va in prima pagina, e non c’è una tragedia di mezzo, bisognerebbe stare zitti e applaudire. E poi, da quando faccio questo mestiere, mi rendo conto che per i lapsus sono i nemici più insidiosi per giornalisti e scrittori.
Ma l’errore della collega Vera Mantengoli, che su Repubblica dell’11 febbraio, in un bel pezzo dedicato ai gestori del rifugio Nuvolau, ha chiamato il CAI Centro Alpino Italiano, non è solo uno sgarbo suo e del giornale (qualcuno lo poteva correggere, no?) ai 300.000 e più soci del Club fondato da Quintino Sella.
E’ un lapsus che ha un brutto sapore storico perché il regime fascista, per evitare l’uso di una parola “straniera” come Club, ha trasformato il CAI in Centro Alpinistico Italiano. Per lo stesso motivo il TCI, il Touring Club Italiano, è diventato la Consociazione Turistica Italiana. Per non parlare di Courmayeur diventata Cormaggiore, e di La Thuile trasformata in Porta Littoria.
Come in moltissimi altri casi, danno fastidio i due pesi e le due misure, perché quando ci si occupa di montagna sono tollerati errori impensabili se si scrive di politica, di economia e di sport. Se qualcuno, su un giornale o in televisione, sbagliasse il significato di sigle come PD, FDI o LEU dovrebbe cambiare mestiere. Un po’ di attenzione, per favore!
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