La notizia è arrivata da poco, dal sito del “Messaggero” e dalla pagina Facebook di “Appennino.tv”. Il 13 agosto Giuseppe Schiboni, sindaco di San Felice Circeo, ha vietato agli escursionisti non accompagnati da una “guida esperta” i sentieri del promontorio. La decisione è stata presa d’intesa con Paolo Cassola, direttore del Parco Nazionale del Circeo. I Carabinieri Forestali sono incaricati di far rispettare la norma. Le multe per i trasgressori oscillano tra i 25 e i 500 euro.
Il sentiero che sale da Torre Paola alla vetta del Circeo, che ho descritto decine di volte nei miei lavori ed è ben segnato dai soci della sezione di Latina del CAI, è un percorso impegnativo (EE nella scala delle difficoltà), ripido, che comprende cenge aeree e qualche passaggio su facili rocce, e che sale da zero fino a 541 metri. Un percorso dove, come scrive con involontario umorismo la collega Barbara Savodini, “non sono mancati, nel corso degli anni, casi di turisti precipitati tra rocce e dirupi”.
I “turisti”, sui sentieri EE, non dovrebbero andare. Gli escursionisti del Lazio, invece, conoscono bene questo spettacolare sentiero, che merita di essere percorso in autunno, in primavera e d’inverno, e che in piena estate è al limite del masochismo. Chi lo affronta a luglio e agosto, senza partire alle 6 di mattina, è quasi sempre uno sprovveduto. Dall’inizio dell’estate, le immagini postate sui social da alcuni influencer hanno fatto aumentare il traffico.
Non a caso, nelle ultime settimane, il Corpo Nazionale Soccorso Alpino ha recuperato sul sentiero ben 37 escursionisti in difficoltà. Da questo punto di vista, il provvedimento del sindaco Schiboni è sacrosanto. Altri elementi, però, inducono a un giudizio diverso.
Il primo, è che oltre al sentiero EE per la cima, sono stati vietati dei percorsi elementari o facili, classificati T o E, come quelli che conducono alle Mura Ciclopiche o all’Uliveto. Il secondo è tra le Alpi, l’Appennino e luoghi simili al Circeo (pensiamo al Conero, al Cilento, alla valle dell’Orfento della Majella dove negli ultimi giorni si sono verificati altri incidenti) gli itinerari escursionistici EE sono centinaia, e tutti espongono a un pericolo gli inesperti. Ma ha senso, per evitarli, chiudere e vietare le montagne?
Forse, per evitare incidenti sul sentiero che sale al Circeo, basterebbe un posto di controllo come quelli del Monte Bianco e delle Grigne, per respingere chi ha abbigliamento o calzature inadeguati.
Oppure, come si fa al Grand Canyon e in altri Parchi del Sud-ovest degli USA, si potrebbero chiudere alcuni sentieri in piena estate, o solo nelle ore più calde. Se parti alle 7, per capirci, un po’ di buonsenso ce l’hai. Se ti incammini alle 11 vuoi farti male, e meriti di essere fermato e multato.
Il vero punto debole dell’ordinanza del Comune di San Felice e del Parco, però, sta nella frase “guide esperte”. Come ho denunciato più volte, in trent’anni, la Regione Lazio non ha mai ratificato la legge sulle guide alpine e gli accompagnatori di media montagna.
Certo, nel Lazio operano un centinaio di guide ambientali escursionistiche, e molte di loro hanno una grande esperienza. Sulle cenge e sui passaggi di arrampicata tra Torre Paola e il Circeo, però, un escursionista-cliente in preda a una crisi di panico dev’essere legato con una corda e assicurato, e questo, per buonsenso e per legge, lo può fare solamente una guida alpina.
A organizzare le escursioni autorizzate, secondo il Comune e il Parco, sarà ora la Pro loco di San Felice Circeo. Con tutto il rispetto per questi volontari, che organizzano da anni eventi culturali e passeggiate, temiamo che le “guide esperte” possano essere dei volenterosi impreparati, non in grado di garantire la sicurezza sulle rocce del Picco di Circe. Mi auguro di essere smentito dal sindaco Schiboni e dal direttore Cassola. Però temo che la cura possa essere peggiore del male.