Il 12 agosto, in una Roma svuotata dal Ferragosto in arrivo, si è tenuto un incontro importante per il futuro degli orsi delle Alpi, e che è stato ignorato dalla stampa e dalle televisioni nazionali. Maurizio Fugatti, presidente della Provincia Autonoma di Trento, accompagnato dall’assessore all’Agricoltura Giulia Zanotelli e dal comandante del Corpo forestale provinciale Romano Masè, ha incontrato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa.
All’ordine del giorno sono stati gli orsi del Trentino, che negli ultimi mesi sono balzati più volte agli onori delle cronache, e che hanno un ruolo importante, da tempo, nel dibattito politico in Provincia.
La prima questione sul tappeto è quella degli “orsi problematici”, che causano danni alle malghe e al bestiame. Oltre al celebre M49 (nella foto lo vediamo dopo la seconda cattura), due volte evaso dai recinti del Casteller, che Sergio Costa ha soprannominato Papillon e che negli ultimi giorni sembra essere tornato in Val di Fiemme, si è parlato di JJ4, la femmina che qualche settimana fa, sul Monte Peller, ha ferito due cacciatori locali.
La seconda questione, più difficile da risolvere, è quella del numero complessivo degli orsi. Fugatti e Zanotelli, rifacendosi ai documenti del progetto LIFE-Ursus, che nel 1999 ha riportato la specie tra le Dolomiti di Brenta e l’Adamello, hanno spiegato a Costa che in Trentino può vivere al massimo una sessantina di orsi, mentre oggi il numero ha superato i novanta.
La richiesta della Provincia autonoma al Governo, quindi, non è solo di trovare una soluzione per gli esemplari “problematici”, ma di portar via dal Trentino una trentina di orsi.
L’incontro di Roma, come hanno riferito sia Costa sia Fugatti, è stato improntato alla cortesia istituzionale. “Produttivo e soddisfacente” lo ha definito il ministro. La Provincia di Trento, com’è ovvio, vuole evitare azioni cruente mentre montagne e sentieri sono pieni di escursionisti e turisti. La questione degli orsi peserà anche sull’elezione, il 20 settembre, del nuovo sindaco del capoluogo.
Con linguaggio istituzionale, si è deciso di “aprire dei tavoli di confronto” e di “avviare un percorso scientifico”. Sergio Costa ha rivendicato di essersi “opposto agli abbattimenti” e di voler “difendere la maternità”, non lasciando quindi orfani i cuccioli di JJ4 (o di altre orse) con l’uccisione o la cattura della madre.
Nei prossimi mesi, i tecnici della Provincia di Trento e dell’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, dovranno mettere a punto un nuovo piano di gestione dei grandi carnivori in Trentino e sulle Alpi italiane, che poi andrà verificato a livello europeo.
Oltre a quella dell’orso, com’è noto, è aperta la questione del lupo, che sta rapidamente ripopolando Trentino, Alto Adige e Veneto. Tra le cose più importanti da verificare (ma questo il comunicato di Fugatti non lo dice) è se la soglia di “una sessantina” di orsi sia corretta, o se il territorio ne possa tollerare di più.
Pure, la possibilità di successo del “percorso condiviso” sta qui. Anche se finora in Italia non esistono recinti faunistici adatti, non è impossibile che il Ministero realizzi da qualche parte una struttura in grado di ricevere gli “orsi problematici” catturati in Trentino, e che potrebbe anche diventare una meta turistica importante.
Se invece la soglia della “sessantina” di orsi verrà accettata dal Ministero e dall’ISPRA, si creerà un problema molto serio. Il progetto LIFE Ursus ipotizzava che gli orsi, dal Trentino, avrebbero via via rioccupato i territori vicini.
Invece l’Alto Adige, il Tirolo, la Lombardia, il Canton Grigioni, il Veneto e la Baviera non hanno manifestato la minima disponibilità ad accoglierli. L’orso JJ1, il primo a entrare in territorio tedesco, è stato prontamente ucciso a fucilate già nel 2006, con il permesso del governo locale.
L’unica strada teoricamente aperta, a oggi, è quella di un ritorno in Slovenia o in altri Paesi dei Balcani, dove però i plantigradi vengono regolarmente cacciati. La cortesia istituzionale ci piace, ma sarebbe bene che Fugatti, Costa e i loro collaboratori ci dicessero qualcosa di più su questi viaggi.
Ciao Stefano,ci dobbiamo confrontare anche con il problema genetico legato alla consanguineità, in quanto sai che la popolazione degli orsi trentini deriva unicamente da 2 maschi e 4 femmine. Siamo alla quarta-quinta generazione che si riproduce in consanguineità e non occorre essere un grande esperto in genetica per sapere cosa questo comporta nel tempo. In considerazione che le femmine di orso sono estremamente filopatriche sarebbe opportuno che le regioni confinanti con il Trentino mantenessero ciò che hanno firmato nel Life Ursus e si prendessero in carico alcune femmine in modo da ridurre la densità nel trentino occidentale e creare un corridoio genetico verso la popolazione Slovena. Questo in breve il mio pensiero. Ti saluto Alessandro de Guelmi