Quando si scrive si può anche sbagliare, e le critiche corrette aiutano a migliorarsi. Invece criticare pubblicamente qualcuno, anche con insulti, e farlo senza avvertire è scorretto e sgradevole, per non dire di peggio.
Da qualche mese, lavoro con un gruppo di amici e colleghi (mio fratello Fabrizio, Albano Marcarini, e poi Gianni Morelli e Carlo Batà) alla serie “Cammini e sentieri”, edita da GEDI, il gruppo editoriale di Repubblica, e da White Star. C’è scritto che il lavoro è a cura di Stefano Ardito, e di questo ringrazio gli editori, ma il coordinamento redazionale è collettivo.
Nel secondo numero, in edicola dal 1° giugno, si parla anche della Magna Via Francigena, che traversa la Sicilia da Agrigento a Palermo. Il servizio è della bravissima Roberta Ferraris. Dar conto di tutti i cammini e le alte vie italiani in 8 fascicoli di un centinaio di pagine ciascuno è impossibile, e sono state fatte delle scelte. Roberta, com’è giusto, ha approfondito solo una parte dell’itinerario, e questo non è piaciuto ai promotori. Fin qui è tutto legittimo.
Il 3 giugno, invece, sulla pagina Facebook della Magna Via Francigena è uscito un testo che attacca duramente Roberta Ferraris e il sottoscritto. Due ore dopo, il signor Angelofabio Attolico ha rincarato la dose, parlando di “incontri annullati”, e accusandoci di “trattare il Sud come colonia”. C’è anche un simpatico invito “ad informarsi meglio su come si approfondiscono le fonti per un articolo”. Né io né Roberta, siamo stati avvertiti dagli autori.
Se volessi fare ammuina, come diceva mia madre nata alle porte di Napoli (e con illustri antenati siciliani) farei delle facili battute sul modo di colpire alle spalle che continua a esistere nelle parti peggiori del Sud. A proposito degli “incontri annullati” so soltanto che Attolico mi ha cercato su Facebook, mi ha scritto perentoriamente “scambiamoci i contatti”, e quando gli ho detto dove trovarli è sparito.
L’accusa più ridicola è quella di trattare il Sud come “colonia”. Non so quanti anni abbiano Attolico e i gestori della Magna Via Francigena, mi sa che negli anni Ottanta, quando ho ideato e descritto per “Airone” vari trek inediti tra Puglia, Sicilia, Calabria e Basilicata erano impegnati a giocare con trenini o bambole. Maleducazione e scorrettezza, invece, non hanno età.
In tutta Italia, ogni anno, si propongono decine di nuovi cammini. Ci sono volontari entusiasti, e professionisti di vari tipi (progettisti, guide escursionistiche, autori ed editori di guide, proprietari di strutture ricettive e agenzie…) che di questi itinerari vivono. E questo, oltre che legittimo, è bello.
Con il mio lavoro, da anni, cerco di dar loro voce, anche in queste settimane di ripresa dal Covid-19. La collana su “Cammini e sentieri” serve anche a questo. Spero che chi ha suggerimenti o critiche, d’ora in poi, lo faccia senza bugie e senza insulti. L’Italia e le Francigene hanno bisogno di tante cose, ma non di padroncini bizzosi.