I giornalisti che scrivono di calcio, se criticano una prestazione di Cristiano Ronaldo o di altri campioni, non si aspettano insulti né dagli interessati né dai loro tifosi. Scrivere di montagna e alpinismo, invece, espone a questo tipo di reazioni. Un mese fa, sono stato tra i pochissimi a dare in Italia la notizia della straordinaria impresa di Nirmal Purja sugli 8000. Ovviamente ho scritto che aveva utilizzato l’ossigeno. E un collega che si era da tempo calato nel ruolo di avvocato e portavoce di Nims mi ha bastonato sul suo blog.
Ora sto cercando di fare il mio lavoro a proposito di Simone Moro e Tamara Lunger, e della loro preparazione in una camera ipobarica a Bolzano in vista della traversata invernale dei Gasherbrum. Ieri ho dato la notizia sul sito del “Messaggero”, ho usato un titolo forte (“Grande Fratello”) e non particolarmente spiritoso, ma che avevo ripreso dall’ANSA. E Simone mi ha bastonato per quello, senza rispondere alla vera domanda contenuta nel pezzo. Poco male.
So benissimo, e ho scritto un milione di volte, che Simone Moro è un alpinista straordinario. In un mondo della montagna che troppo spesso si ripete, lui è stato più volte capace di inventare (e realizzare) obiettivi via via diversi. Le vette più alte del Pamir, le invernali agli “ottomila”, le cavalcate invernali con la bravissima Tamara Lunger. L’ultima volta che ho scritto di lui, sabato 23, recensendo il suo ultimo libro sul “Messaggero”, ho ribadito il concetto.
Simone è troppo intelligente per non sapere che l’acclimatazione preventiva in laboratorio è un aiuto notevole prima di tentare un’impresa ad alta quota. Lo sa benissimo, e infatti lo ha raccontato e documentato prima di partire. Arrivare in Pakistan (o in Nepal, o in Tibet) già acclimatati consente di eliminare da una spedizione le prime settimane dedicate proprio a queste. Un periodo faticoso, costoso, e che d’inverno è anche penoso a causa del gelo.
Molte volte, in questi giorni, ho letto e sentito commenti del tipo “è come usare il respiratore e le bombole!” Ovviamente è una semplificazione, non scrivo né sottoscrivo una frase del genere. Registro che frasi di questo tipo in questi giorni si sentono, le riferisco, cerco di capire di più. Insomma, cerco di fare il mio mestiere.
Spero di riuscire a intervistare direttamente Simone Moro su questo punto e su altro. Intanto mi piacerebbe sapere la sua opinione su quello che sta accadendo in questi giorni. Quanto semplifica una spedizione qualche settimana passata prima di partire in una camera ipobarica? E’ solo scienza o è anche un aiuto? E’ una prassi che dovrebbe essere più diffusa tra chi parte per gli “ottomila”?
Aspetto una risposta con affetto e rispetto, come fanno migliaia di appassionati della montagna.
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