Nei prossimi giorni, in Alto Adige, verranno celebrati i 150 anni dalle prime salite del Sassolungo e della Cima Grande di Lavaredo, compiute entrambe nell’agosto del 1869 dall’alpinista viennese Paul Grohmann e dalle guide Franz Innerkofler di Sesto e Peter Salcher di Luggau, in Carinzia.
Il programma dei festeggiamenti comprende escursioni guidate, conferenze, concerti e le prime dei due nuovi documentari (“Langkofel” e “Die Grosse Zinne”) girati dall’inesauribile Reinhold Messner. L’alpinista altoatesino, nel 1969, ha compiuto la prima solitaria della via Soldà sulla parete Nord del Sassolungo. Come ha scritto più volte nei suoi libri, è stata una delle sue ascensioni più dure. Un bel documento sulla storia di questa montagna è stato realizzato dalla guida gardenese Ivo Rabanser, apritore di molte vie di alta difficoltà sul massiccio, e può essere consultato su www.valgardena.it.
In questi giorni di festa, però, sarebbe un peccato non ricordare che, nel 1952, una pagina interessante della storia del Sassolungo è stata compiuta da un gruppo di alpinisti romani. Sono stati Paolo Consiglio e compagni, tra l’8 e il 10 marzo di quell’anno, a compiere la prima invernale assoluta della montagna. Includendo il tentativo del 1949 e l’ascensione quasi completa del 1950 (quando il gruppo raggiunge il bivacco a poca distanza dalla vetta, e vi passa una notte) l’impresa diventa un’odissea dal sapore himalayano.
In quegli anni, ed è bene ricordarlo anche agli alpinisti romani di oggi, Consiglio e i suoi amici Marino Dall’Oglio, Franco Alletto e Bruno “Dado” Morandi compiono decine di ascensioni importanti sulle Dolomiti, e aprono molte vie sulle pareti del Fanis, delle Conturìnes, del Catinaccio e delle Dolomiti di Sesto.
Insieme a Paolo Consiglio, nel 1952, salgono ai 3181 metri della cima il fratello Renzo, Francesco Amantea, Giancarlo Castelli, Benedetto (Nino) Della Chiesa e Marino Mizzau. Alla “quasi vittoria” del 1950, accanto ai fratelli Consiglio, partecipano invece Dino De Riso, Giuseppe Massini e Giuseppe (Pepè) Micarelli.
In entrambe le occasioni, invece della Cengia dei Fassani, problematica con la neve, viene seguita la Via delle Rocce, tracciata nel 1892 a sinistra dell’itinerario originale di Grohmann. Forti in arrampicata ma poco avvezzi a ghiaccio e neve, i romani salgono e scendono lentamente e con prudenza. Nel 1950 una bufera in arrivo li spinge alla discesa dopo una notte nel bivacco che dista – in estate! – meno di mezz’ora dalla cima.
Due anni dopo, con un tempo magnifico, i sei dedicano “quasi una meravigliosa giornata di fine inverno” alla vetta. Il racconto più bello, scritto da Paolo Consiglio, è quello dedicato al tentativo del 1950, e viene pubblicato sette anni dopo sul “Numero unico” della SUCAI Roma.
Accanto alle descrizioni di placche, fessure e camini rivestiti di neve e ghiaccio, spiccano i riferimenti ai panorami, all’avvicinamento notturno da Passo Sella, alla rocambolesca discesa notturna al rifugio Vicenza, alla liberatoria discesa finale in sci verso il Plan de Cunfin. E’ un mondo ancora solitario e selvaggio, che può sembrare irreale agli adepti delle settimane bianche di oggi. Un Sassolungo di cui ci si può innamorare. Una storia da non dimenticare, né in Alto Adige né tra il Cupolone, Sperlonga e il Gran Sasso.