Lo Stato italiano, ancora una volta, sta giocando con la sopravvivenza dell’orso marsicano. E stavolta potrebbe finire male. Solo così si può commentare la notizia che arriva dal Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise, che è nato 96 anni fa proprio per salvare dall’estinzione la specie, che è ridotta da tempo a una cinquantina di esemplari.
Come tutti ricordano, nello scorso novembre, un’orsa e i suoi due cuccioli sono annegati in una vasca in cemento per l’abbeverata del bestiame, costruita con muri in cemento inutilmente verticali, in località Le Fossette, in Comune di Villavallelonga, nella Zona di Protezione Esterna del PNALM.
Al dolore si è aggiunta la rabbia quando si è scoperto che nella stessa vasca, otto anni prima, erano morti un’altra orsa e il suo cucciolo. Successivamente si è scoperto che la vasca, come il terreno in cui è stata realizzata, appartiene ai discendenti di Erminio Sipari, il primo presidente del Parco.
Pochi giorni dopo l’incidente di novembre, il personale del PNALM ha vuotato la cisterna (c’era un metro e mezzo d’acqua), ha installato una recinzione elettrificata, alimentata da un pannello solare, e ha chiesto al Comune e ai proprietari un intervento definitivo. Poi sull’Abruzzo è scesa la neve, e di vasche non si è più parlato.
Due mesi fa, il 25 aprile, un comunicato a firma di Renato Di Cola, direttore facente funzione del Parco, ha annunciato che erano state censite “37 strutture, ricadenti nei territori di 16 Comuni, per le quali è opportuno realizzare interventi che consentano di garantire l’incolumità degli animali selvatici”.
“La messa in sicurezza di queste strutture costituisce questione prioritaria” proseguiva il comunicato. Da allora, però, sulla vicenda è sceso nuovamente il silenzio. Solo il 18 giugno l’associazione Salviamo l’Orso, che negli ultimi anni ha compiuto decine di interventi per evitare incidenti di questo tipo, ha ripreso pubblicamente della questione.
“Chiediamo al PNALM che la lista di queste 37 strutture e dei 16 Comuni sia resa pubblica, altrimenti si rischia che come è avvenuto purtroppo in passato il censimento rimanga un’inutile esercizio che non produce alcun risultato” scrive Salviamo l’Orso. “Denunceremo pubblicamente e con un esposto alla Magistratura i sindaci inadempienti”.
I soci di Salviamo l’Orso hanno perfettamente ragione, e li ringraziamo di cuore. E la buona notizia del 2018, in cui sono stati censiti 11 cuccioli, non cambia sostanzialmente le cose. Se l’orso marsicano, come si afferma da anni, è una delle meraviglie d’Italia, la sua tutela non può aspettare mesi e anni. Se per il Governo e le Regioni interessate la tutela della natura fosse davvero importante, quelle 37 tra vasche e altri buchi potenzialmente mortali potrebbero essere chiusi in una settimana.
Non ci sono i fondi, non ci sono i permessi? Il direttore di un Parco, specie se “facente funzione”, non ha grandi poteri. Escursionisti e ambientalisti su un tema del genere sono pronti a muoversi, ma hanno bisogno dell’elenco. Invece la Protezione Civile o l’Esercito potrebbero mettere tutto in sicurezza in pochi giorni.
All’Aquila, da un anno e mezzo, esiste un nuovo battaglione di Alpini che comprende dei reparti di genieri. Sanno operare in montagna, hanno a disposizione le ruspe e gli altri mezzi del caso, ovviamente qualcuno gli deve ordinare di partire. Che ne pensano il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, la sua collega della Difesa Elisabetta Trenta, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, i presidenti di Lazio, Abruzzo e Molise? Il prossimo incidente mortale per i pochi orsi che sopravvono al disinteresse dell’Italia potrebbe essere dietro l’angolo. Chi perde tempo non vuole la salvezza dell’orso.