Nello scorso weekend avevamo visto lo stesso meccanismo perverso al Gran Sasso. Mentre all’Aquila si celebrava il Festival della Montagna, con la partecipazione di centinaia di appassionati, le strade del Lago Racollo, del Vasto e di Fonte Vetica sono rimaste chiuse, impedendo a scialpinisti, fondisti ed escursionisti con le ciaspole di raggiungere l’inizio degli itinerari del massiccio.
In tutti i parchi di montagna del mondo, gli escursionisti, gli alpinisti e gli altri ecoturisti sono i benvenuti. Dove necessario, dei provvedimenti ad hoc, come quello del Gran Paradiso per tutelare il gipeto, vietano le zone più delicate. In Abruzzo si fa esattamente il contrario.
Sull’altopiano di Campo Imperatore, il disinteresse del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga, la mancanza di fondi dei Comuni e la burocrazia della ex-Provincia dell’Aquila spingono da anni ciaspolatori e scialpinisti verso altre zone, dando un colpo durissimo al lavoro di rifugi, bed & breakfast, accompagnatori di media montagna e guide alpine.
A seguito di una riunione del 13 dicembre, il Parco Nazionale della Majella e la ex-Provincia di Chieti hanno deciso di seguire la stessa via. Un comunicato dei due enti, scritto in burocratese stretto, ha stabilito la chiusura alle auto della strada da Mamma Rosa al rifugio Pomilio, rendendo di fatto la Majella accessibile solo agli scialpinisti più allenati. Che la decisione sia un duro colpo per i gestori del rifugio, evidentemente, interessa poco ai responsabili dei due enti. L’unico turismo invernale accettabile, per loro, è quello delle auto e delle piste da sci.
Leggendo con attenzione il comunicato, sembra di cogliere l’intenzione di riprendere il progetto di “rinaturalizzazione” della strada, chiudendola anche in estate. Oltre a uccidere definitivamente il rifugio, e a rendere sempre più lontani il Focalone e il Monte Amaro, un intervento di questo tipo costringerebbe gli escursionisti a camminare per due ore tra asfalto, antenne e piloni. Alla faccia della wilderness e della bellezza della “Montagna madre”.
Attendiamo di sapere cosa ne pensano la sezione di Chieti del CAI, proprietaria del rifugio Pomilio, il CAI Abruzzo, le guide alpine e tutti i frequentatori della montagna. Speriamo (senza crederci, purtroppo) che un giorno queste meravigliose montagne possano essere gestite con competenza e con amore.