“Stando a contatto con i profughi si può toccare con mano la gioia che si dà. Li si vede con la faccia stravolta dalla paura e poi, al confine, sereni e felici salutarti come un salvatore. Dare la libertà alla gente, aiutarli a fuggire per me adesso è un motivo di vita”.
Così, prima di morire il 12 marzo 1944 sul confine tra l’Italia e la Svizzera, ha scritto Ettore Castiglioni, un alpinista e autore di guide famoso, che dopo l’8 settembre si era dedicato a far espatriare attraverso le Alpi antifascisti (tra loro Luigi Einaudi, futuro Presidente della Repubblica) ed ebrei perseguitati dal fascismo.
Qualche settimana fa, un gruppo di intellettuali e alpinisti animato da Paolo Vita ha proposto di installare a Ruffré, dove Castiglioni era nato 110 anni fa, un monumento per ricordarlo. L’amministrazione comunale guidata dal sindaco Donato Seppi, “noto esponente della destra altoatesina” secondo il quotidiano Alto Adige, ha negato il permesso.
Il giorno dell’anniversario il cippo è stato inaugurato lo stesso, su un terreno privato. Primo Levi, vittima del fascismo e del nazismo, negli anni del sacrificio di Castiglioni ha scritto di un “muto bisogno di decenza”. Un sentimento che a Ruffré-Mendola non c’è stato, e che in Italia diventa sempre più raro.